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‘Con i ragazzi un esame di realtà’

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Lo psicologo Pierre Kahn è chiaro: mediazione. Il suo invito ai genitori alle prese con figli imbevuti di trap è uno solo, parlarne. «Ho avuto una significat­iva esperienza quando qualche tempo fa è nato tutto il fenomeno italiano con l’avvento di Fabri Fibra – ci svela il suo primo ‘scontro’ profession­ale con il mondo dei rapper –. Ho avuto un ragazzo completame­nto ‘preso’ dalla cosa che ha fatto diventare matti i suoi genitori. Oggi madri e padri sono molto preoccupat­i dal tempo che i loro figli passano online». Certo molto per giochi condivisi a distanza ma altrettant­o per la musica scaricata online. «La fruizione per le nuove generazion­i è sempre più immediata, per questo fondamenta­le resta la ‘mediazione’. Per i ragazzi il poter parlare di queste cose con figure di riferiment­o diventa utilissimo. Ciò permette che vi possa essere un po’ più di distanza fra il messaggio immediato e l’impatto che poi può avere sul bambino o il giovane». Quanto alla possibilit­à di arginare le parolacce? «Se guardiamo al fenomeno in termini di parolacce ho genitori che da anni mi dicono ‘mio figlio le impara all’asilo’ – rimarca Kahn –. È quindi difficile schermarsi in questo senso perché non c’è bisogno di rapper, basta andare probabilme­nte in qualche sezione d’asilo per sentire certi termini». Delicata è anche l’ostentazio­ne di una sessualità fin troppo ‘aperta’... «Il messaggio degli adulti sul rispetto è fondamenta­le, insegnare che non c’è solo la sessualità ma anche i sentimenti». Così il messaggio di un successo fin troppo facile... «In effetti rischia di essere pericoloso. Lo vediamo sempre più nei premi internazio­nali assegnati a cantanti diventati improvvisa­mente famosi perché partiti dalla rete lanciando un solo brano. Il poter, e dover, mediare significa anche dire ‘non tutti ci arrivano’. Questi stimoli vanno perciò contenuti entro certi paletti. Non provo ‘qualunque’ strada per arrivare al successo. Con il bambino va fatto un serio esame di realtà. Ricordo uno scontro con mia madre a proposito di Renato Zero, oggi sappiamo chi è diventato però quarant’anni fa scioccava perché omosessual­e, alternativ­o, quando poi ha fatto delle cose meraviglio­se dal punto di vista della musica».

Invece che allontanar­e comprender­e, anziché criticare e mettere veti discutere

Per Kahn il punto fermo sta proprio qui: anziché allontanar­e capire, «entriamo dentro, vediamo cosa piace ai nostri ragazzi, cosa li attrae, discutere per comprender­e dove limitarli, altrimenti si rischia di scivolare su un conflitto relazional­e senza ricordare da dove si è partiti, rapper o non rapper. Entriamo sui contenuti anche per dare un nostro giudizio a dipendenza che abbiamo di fronte un bambino di 6 anni o un adolescent­e. Nessun intervento di veto, che lascia il tempo che trova, ma un dialogo costruttiv­o. Se nostro figlio guadagna anche una piccola distanza abbiamo raggiunto il nostro scopo». C.F.

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