Otto voci in volo libero
“Sei voci indipendenti ma simili, che devono essere affidate a un sestetto: un lavoro incredibilmente difficile”. Così scrisse in una lettera al fratello il cinquantenne Piotr Il’ic Caikovskji, quando nel 1890 iniziò a comporre il sestetto che chiamò “Souvenir de Florence”. Non sembra invece avesse avvertito difficoltà il sedicenne Felix Mendelssohn, che nel 1825 compose il suo ottetto e fu la rivelazione di un talento musicale, cresciuto col sostegno invidiabile di una famiglia colta e facoltosa. Le due opere sono sempre ancora ben presenti nel repertorio cameristico, i 65 anni che le separano consentono agli storici della musica di trovare nell’ottetto residui di stile mozartiano, nel sestetto il linguaggio post-romantico iniziato da Brahms. Penso tuttavia che la qualità della loro scrittura seduca facilmente gli interpreti, li invogli a un’immersione nelle partiture per sviscerarne ogni preziosità, anche a costo di dimenticarne il contesto storico. Per rinfrescarmi la mente prima del concerto ne avevo ascoltato alcune esecuzioni disponibili adesso in internet. Ne avevo sentite di cotte e di crude, una preparazione alquanto anomala, ma per la forza del contrasto forse non inutile, alle stupende interpretazioni, che sono state offerte domenica al colto pubblico dell’Auditorio Stelio Molo, dove sono comparsi in scena tre strumentisti ospiti: il violinista Julian Rachlin, la violista Sarah McElravy, il violoncellista Pablo de Naverán, affiancati da strumentisti dell’Orchestra della Svizzera italiana: la violinista Barbara Ciannamea, il violista Ivan Vukcevic, il violoncellista Beat Helfenberger in Caikovskij, ai quali si sono aggiunti in Mendelssohn il violinista Hans Liviabella e il violista Andrij Burko. Un abbraccio a questi magnifici musicisti, anche a nome dei quattrocento spettatori presenti in sala e di coloro che a casa hanno seguito in streaming la diretta, attenti al suono agile, ponderato, ai gesti che con impudicizia esibiscono sensualità, desiderio, svelano pensieri, che si librano in volo libero nello spazio sonoro. Le due partiture affidano al primo violino un ruolo di primus inter pares, che nel sestetto è toccato a Rachlin, nell’ottetto a Liviabella. Forse suggestionato dalla qualità dell’interpretazione, mi è sembrato che, con i colori timbrici, diversi ma ugualmente belli, cavati dai loro preziosi strumenti, i due violinisti fossero determinanti nel caratterizzare le personalità dei compositori: Caikovskij, trafitto da umani vizi e umane virtù, Mendelssohn fatto della stessa stoffa dei suoi sogni. Il pubblico si è lasciato a poco a poco soggiogare. Sono cessati i colpi di tosse dovuti alle infreddature di stagione, la sala è calata progressivamente nel silenzio assoluto. Alla fine, quando dopo il terzo richiamo il rito degli applausi sembrava ragionevolmente concluso, è ripartito un applauso ritmato poderoso, che ha richiamato dagli spogliatoi gli otto musicisti per un ultimo calorosissimo ringraziamento.