Un capitale sociale fatto di lavoro e identità
Segue da pagina 3 Questa era la “visione” operaia, che in parte collimava con quella popolare. Le Ffs hanno invece temporeggiato finché è giunto il tempo di imporre la loro “visione”, liberando l’area per “poterci prendere un caffé”, come ha scritto di recente un dirigente del settore immobiliare. Quello che ci interrogò allora fu la ragione della rapida e forte reazione popolare. Le Officine erano diventate una questione identitaria, dimostrando che lo sciopero, anche in Svizzera, è un mezzo adeguato per affermare dei diritti che le leggi del mercato misconoscono, come la difesa degli interessi delle minoranze, il legame al territorio. Bellinzona si è sviluppata come un centro del controllo. Inizialmente militare, ai confini del ducato di Milano, doganale pure, per il transito di merci e persone lungo la “via delle genti”. Questo aspetto ha poi trovato continuazione nella caserma, con tutto il suo territorio del Campo Marzio. Il secondo ramo del controllo è l’Amministrazione cantonale, che pure ha travalicato le mura dell’antica cittadina medievale e si è affermata proprio negli anni in cui si cominciava a discutere della terza branca che appunto in generale non produce ma controlla e ripara, l’Atelier centrale della Gotthardbahn. Quando si incominciò a discuterne, nel 1873, Bellinzona dava talmente per scontato che il suo territorio fosse il luogo ideale per insediarlo che non inoltrò la sua candidatura e attese di essere chiamata in causa dalla Direzione della Gotthardbahn. Il legame nato con la popolazione già dall’apertura della linea nel 1874 e, ancor più con la messa in funzione dell’Officina nel 1889, fu talmente stretto da trasformare Daro, allora comune a sé, nell’unica comunità ticinese con una maggioranza della popolazione attiva occupata in ferrovia. L’aver donato i terreni aveva avuto una ricaduta positiva sul territorio e ne aveva riorientato i rapporti sociali. Per molto tempo la città, anche dopo la fusione del 1905, fu un centro di liberalismo piuttosto radicale e non avulso dalle tematiche legate alla difesa dei lavoratori: potrei, come esempio in anni più vicini, ricordare l’Unione operaia liberale-radicale di Giacomo Zanini. Ma anche il socialismo sorse con un forte contributo delle maestranze della ferrovia e dell’Officina; dapprima nel 1885 con la sezione del Grütliverein, in buona parte composta di membri originari della Svizzera interna. Insomma, storicamente il legame tra l’Atelier di riparazione e la città col suo contado è vitale. È auspicabile che, proseguendo nella ricerca di una soluzione per offrire un futuro all’Officina, si riesca a ritrovare l’unità d’intenti, per non perdere un capitale sociale fatto di lotte ma soprattutto di lavoro e di attaccamento alla regione.