Senza di ‘loro’ reparti chiusi
‘Prima i nostri’ nel sociosanitario. Il fabbisogno di personale denuncia ancora gravi carenze Ospedali e cliniche con almeno il 50 per cento di operatori esteri. Mancano i posti di stage per la formazione, nonostante l’impegno già esistente.
C’è un settore che più di altri ci racconta un’altra storia su “prima i nostri”, ovvero sulla difesa per legge dell’occupazione residenziale: è il sociosanitario, dove negli ultimi cinque anni si è denunciata in Svizzera una carenza di personale infermieristico pari a ben 10’000 unità in rapporto al fabbisogno. E in Canton Ticino, regione di frontiera, l’occupazione estera (sostanzialmente frontaliera) si avvicina al 50 per cento delle infermiere e degli infermieri impegnati nel pubblico come nel privato. Che fare? Se l’è chiesto anche Simone Ghisla, deputato Ppd, che ha presentato una mozione – poi ieri in aula ritirata – nell’ambito di “Prima i nostri”, ovvero l’applicazione dell’iniziativa popolare che vuole, appunto, dare precedenza alla manodopera residente. Il caso è emblematico, perché dimostra come non esistano soluzioni facili a problemi complessi. «Tutti avvertiamo la necessità di potenziare l’occupazione nel settore sociosanitario – ha subito riconosciuto Matteo Quadranti, relatore della Gestione –, ma già si fa molto e di più è difficile fare». Intanto perché per conseguire un diploma infermieristico è obbligatorio svolgere stage formativi e qui casca l’asino: troppo pochi i posti messi a disposizione dalle strutture private e quelli dell’Ente ospedaliero cantonale non bastano. «Il problema è urgente. Sono numerosi i frontalieri nell’ambito sanitario, ma certo non sostituiscono il personale residente. Anzi, vi è carenza interna. In Ticino come in Svizzera dove si forma meno della metà del personale infermieristico necessario» ha precisato Gina La Mantia, socialista, ricordando fra l’altro che la popolazione ultrasessantenne è in continua crescita. Penuria di posti di stage, dunque, ma anche «una fluttuazione del personale molto alta, perché prevalentemente femminile» ha aggiunto la deputata del Ps. Altro aspetto non secondario, molti studi evidenziano la professione sanitaria fra le più usuranti. Dunque tutti concordi con Ghisla: la questione esiste, ma far di più nel campo formativo di quanto già si fa, è complicato e difficile. «Sì, tutti siamo d’accordo, ma con questa velocità di crociera che in sei anni ha migliorato la situazione solo del 10 per cento» ha rintuzzato il mozionante popolare democratico, alludendo all’aumento dei posti di stage per futuri infermiere e infermieri. La questione, a detta del deputato Ppd, è un’altra: «Quant’è il fabbisogno del personale sanitario in Ticino? Nessuno ce lo dice. Avanti di questo passo e il numero necessario di personale formato sarà raggiunto nel 2081!» ha detto Ghisla, an-
nunciando nel frattempo il ritiro della mozione per poter così presentare un secondo atto parlamentare sul tema, magari fuori dal contesto sopraccitato. Categorica la replica di Matteo Quadranti: «Il problema, come detto, è noto e sotto osservazione da anni. Se poi lei, caro collega, riuscirà là dove in tutta la
Svizzera non riescono, e cioè trovare il 50 per cento del personale sanitario ticinese oggi mancante, le faremo tutti i nostri complimenti». Perché, come detto, non sono pochi i fattori che partecipano a una situazione certo “squilibrata” e che ha origini lontane, quando certe professioni non erano oggettivamente appetibili ai residenti; cambiato il quadro, potenziata anche la formazione, lo sono diventate e oggi non pochi vorrebbero far carriera in quel settore, come ha ricordato anche Franco Denti (Verdi), ma la formazione ha i posti limitati e serve l’impegno di tutti gli attori in campo. Anzi, in corsia.