Stop all’iniziativa anti-giudici
Primo ‘no’ in Parlamento al testo dell’Udc ‘per l’autodeterminazione’. Il controprogetto non fa breccia Udc isolata al Consiglio degli Stati. Una serie di domande e risposte per capire portata e contesto dell’iniziativa.
Con soli 6 voti contrari (tutti Udc), al termine di un dibattito protrattosi per quattro ore, ieri mattina il Consiglio degli Stati ha respinto l’iniziativa popolare democentrista detta ‘per l’autodeterminazione’ (cfr. scheda accanto). Nessuna chance nemmeno per il controprogetto proposto da Andrea Caroni (Plr/Ar), bocciato con 27 voti contro 15. Il dossier passa ora al Nazionale. In una serie di domande e risposte, ‘laRegione’ riassume portata e contesto dell’iniziativa.
In quale contesto è stata lanciata?
Bisogna tornare al 2010, quando l’iniziativa popolare dell’Udc per l’espulsione degli stranieri viene approvata alle urne. Come applicarla senza entrare in conflitto con i principi dello Stato di diritto e la Convenzione europea dei diritti dell’uomo (Cedu)? Il Parlamento ne dibatte per anni. L’Udc da subito ravvisa l’intenzione di non rispettare la volontà popolare. Nel dicembre 2012 lancia perciò l’iniziativa detta ‘di attuazione’, ancor più restrittiva (sarà respinta in votazione popolare nel 2016). Un paio di mesi dopo, in una sentenza che porta su un caso di espulsione, il Tribunale federale (Tf) stabilisce che il diritto internazionale (in questo caso la Cedu) prevale sulla Costituzione federale (in questo caso la norma sull’espulsione). La goccia che fa traboccare il vaso è l’attuazione, parziale, dell’iniziativa popolare ‘contro l’immigrazione di massa’: approvata il 9 febbraio 2014, viene applicata dal Parlamento in modo da non violare l’accordo sulla libera circolazione con l’Ue. Otto mesi dopo il partito lancia l’iniziativa ‘per l’autodeterminazione’.
Perché l’iniziativa negli ultimi tempi è finita in secondo piano?
Le ha fatto ombra la nuova iniziativa – più facile da spiegare e dunque da spendere politicamente – ‘per la limitazione’: lanciata in gennaio da Udc e Azione per una Svizzera neutrale e indipendente, mira alla disdetta dell’accordo sulla libera circolazione. Inoltre, la questione dei ‘giudici stranieri’ – contenuta nel titolo dell’iniziativa dibattuta ieri agli Stati – si è trasferita nel frattempo su un altro piano: quello del futuro (?) accordo quadro con l’Ue, contro il quale Christoph Blocher e i suoi hanno già dichiarato battaglia a tutto campo. L’iniziativa potrebbe però tornare presto in auge: si dovrebbe infatti andare a votare nel 2019, anno di elezioni federali.
Com’è regolato oggi il rapporto tra diritto svizzero e internazionale?
Il problema, se c’è, sta nel fatto che la Costituzione federale (Cf) non contiene alcuna disposizione chiara sulla priorità fra un trattato internazionale e una legge federale, né su come ci si debba comportare in caso di conflitto fra norme del diritto svizzero e del diritto internazionale. Determinante è quindi la giurisprudenza del Tf. Il principio fatto valere dai giudici losannesi è: in linea di massima, il diritto internazionale ha la priorità sul diritto nazionale. Esiste un’eccezione: se il Parlamento approva consapevolmente una legge contraria al diritto internazionale, il Tf – in virtù della ‘prassi Schubert’ – la applica. A meno che questa non violi i diritti umani sanciti ad esempio dalla Cedu, del resto ripresi in gran parte dalla Cf. In ogni caso, e questo nessuno lo contesta, il diritto internazionale imperativo (diritto alla vita, divieto di genocidio, tortura, schiavitù, della guerra d’aggressione ecc.) ha sempre la priorità.
Se l’iniziativa la spuntasse alle urne, la Cedu verrebbe denunciata?
Per i contrari è questo il vero obiettivo dell’Udc. Il partito di Albert Rösti nega. A disturbarlo sono in particolare alcune sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo riguardanti la Svizzera, non tanto la Cedu in sé. L’iniziativa non prescrive la disdetta di quest’ultima: la prevede solo “se necessario”, nel caso (invero scontato) non fosse possibile adeguare le norme del trattato in questione rendendole compatibili con la Cf. Governo e Parlamento disporrebbero certo di un assegno in bianco per disdire la Cedu. Ma non si vede come potrebbero decidere di usarlo. In teoria, la Svizzera a termine potrebbe venire esclusa dal Consiglio d’Europa, qualora non dovesse più riuscire ad applicare in modo durevole e sistematico le norme della Cedu. Ma anche questo è uno scenario poco realistico.