Più persone, formate e capaci
L’accentramento delle scelte e delle competenze nei club sportivi è un limite. Agnès Pierret: ‘Ripartire i compiti’.
L’accentramento delle scelte e delle competenze in una sola persona sembra essere uno scenario piuttosto diffuso all’interno delle organizzazioni sportive. Un unico cervello prende le decisioni – dalla gestione delle finanze alla relazione con gli sponsor, dalla comunicazione alla selezione degli atleti – e si qualifica come centro di competenze a 360 gradi per l’intera struttura che solo all’apparenza gode di una gestione più efficiente. In realtà si trasforma in un traghetto verso l’incertezza, se non addirittura verso epiloghi tutt’altro che rosei a scapito della società stessa, dei suoi soci e della collettività. Come in ogni ambito, garantire il successo di un’organizzazione sportiva non è ovviamente possibile; tuttavia, i rischi derivanti da un accentramento delle decisioni e delle mansioni possono essere ridotti dotando l’organizzazione sportiva di una struttura societaria adeguata, con un comitato direttivo che tracci la strada da seguire e una giusta ripartizione delle competenze e dei ruoli nonché sistemi di controllo appropriati: insomma, a ognuno i propri compiti e responsabilità. Dove si trovano oggi il nostro Cantone e le sue organizzazioni sportive? Ne abbiamo parlato con chi conosce bene la realtà sportiva locale, nonché il suo sistema formativo: Agnès Pierret, responsabile dell’ufficio sviluppo economico della Città di Mendrisio, ex direttrice della Federazione svizzera di ciclismo e direttrice dei Mondiali di ciclismo 2009, membro della Commissione d’esame del “Corso di Management di Organizzazioni sportive, livello base” patrocinato dal Decs.
Utenza sempre più esigente
Decentramento delle decisioni, organigramma ben definito, ripartizione delle competenze e dei ruoli, sistemi di controlli adeguati: sono elementi chiave per garantire alle organizzazioni sportive una maggiore stabilità nel tempo e, perché no, anche un maggior successo? «Evidentemente sì. Come qualsiasi azienda e istituzione, anche le società sportive si confrontano con un mondo complesso in cui l’utenza è sempre più esigente. Questo impone all’organizzazione sportiva sia di dotarsi di specifiche competenze sia di decentrare le decisioni e ripartire adeguatamente i compiti. Questi adeguamenti sono fondamentali per ogni realtà che voglia mantenere un ruolo nel sistema e fungere da punto di riferimento. Per esempio, è raro che un eccellente allenatore possa essere al contempo un buon contabile o che un tecnico sportivo sia anche competente nell’ambito della gestione delle risorse umane e della comunicazione. Insomma, la società sportiva ha oggi bisogno di un’ampia gamma di figure professionali, ciascuna capace di presidiare uno specifico ambito di competenze. Purtroppo vedo ancora molte associazioni sportive – e non solo – che funzionano come un tempo, affidandosi al motore della buona volontà e della passione di chi in esse opera. Elementi sicuramente importanti, ma non più sufficienti a garantire la continuità dell’organizzazione. Per esempio: servono competenze contabili e amministrative mirate quando si tratta di seguire il processo per la richiesta di sovvenzioni all’ente pubblico; non poter contare su una figura adeguatamente preparata che conosca le procedure e sappia elaborare i documenti necessari alla presentazione della richiesta mette a repentaglio l’ottenimento stesso delle sovvenzioni. Lo stesso vale anche per i programmi – agonistici e
popolari – che periodicamente Gioventù e Sport o l’Ufficio federale dello sport propongono alle organizzazioni sportive che devono disporre internamente delle competenze adeguate per poter tradurre tali opportunità in realtà». La formazione come aiuta le organizzazioni sportive? «Ha un
ruolo cruciale, inietta nelle organizzazioni sportive una buona dose di competenze che permettano poi di dispiegare sul campo una vasta gamma di professionalità in grado di rispondere alla complessità esterna e alle esigenze dell’utente. Si tratta di incrementare la qualità gestionale di queste realtà che dovrebbero progressivamente poter contare su diverse figure professionali, ciascuna delle quali competente e responsabile per uno specifico ambito che può essere, per esempio, quello della logistica, dell’amministrazione e delle finanze, della gestione dei volontari, della comunicazione e del marketing».