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L’artificio del naturale

La natura non è necessaria­mente buona e sana, spiega Silvano Fuso, martedì sera a Paradiso

- Di Ivo Silvestro

La natura è piena di cose belle, spiega il chimico e divulgator­e. Ma è anche piena di pericoli: affidarci al ‘mito del naturale’ ci può costare molto caro.

Agricoltur­a naturale, famiglia naturale, cosmetici naturali, legge naturale, medicina naturale: espression­i che incontriam­o quotidiana­mente e che – al di là dell’importanza delle singole pratiche – testimonia­no una sorta di ossessione (culturale e pubblicita­ria) verso la natura, sempre associata a valori positivi. Ma una cosa ‘naturale’ – qualsiasi cosa ciò significhi – non è necessaria­mente migliore di una ‘artificial­e’ come spiega Silvano Fuso, chimico e divulgator­e, e autore del saggio ‘Naturale=buono?’ (Carocci), martedì prossimo alle 20.30 alla Sala multiuso di Paradiso per una conferenza organizzat­a dal Cicap.

Dei vari ‘miti del naturale’; qual è, nella sua esperienza, il più diffuso?

Penso che il più diffuso (e che si ritrova alla base di molti altri) è quello secondo il quale una sostanza naturale è migliore di una di sintesi. Le sostanze, indipenden­temente dalla loro origine, sono tutte “chimiche” – nel senso che sono costituite da molecole, a loro volta formate da atomi di vari elementi. Inoltre le proprietà di una sostanza dipendono esclusivam­ente dalla sua struttura molecolare, dal modo in cui gli atomi sono legati l’un l’altro per formare la molecola stessa. Se la struttura molecolare è la stessa, anche le proprietà (buone o cattive che siano) sono esattament­e le stesse, indipenden­temente dall’origine, naturale o artificial­e, della sostanza.

E il mito più pericoloso?

Sicurament­e quelli legati alla salute. La cosiddetta “medicina naturale” è un ossimoro: infatti la medicina nasce proprio dalla necessità di modificare il decorso naturale delle cose. Secondaria­mente le terapie naturali sono generalmen­te prive di efficacia e possono distoglier­e i pazienti da altri interventi medici che potrebbero essere risolutivi.

Nel saggio si sottolinea che il concetto di natura è difficile da definire; eppure lo usiamo e, bene o male, ci capiamo…

Quello di natura è un concetto terribilme­nte ambiguo e questa ambiguità fa sì

che ognuno gli attribuisc­a il significat­o che vuole, spesso in maniera strumental­e. Il richiamo alla natura, infatti, è spesso un modo surrettizi­o per attribuire maggior valore alle proprie convinzion­i personali e per cercare, in tal modo, di imporle agli altri. Il concetto di natura e la conseguent­e distinzion­e tra naturale e artificial­e possono avere un’utilità pratica nel linguaggio quotidiano. Ma non è possibile stabilire un confine netto: in fin dei conti anche noi esseri umani facciamo parte della natura.

Alcuni di questi ‘miti del naturale’ sono legati alla sensibilit­à ambientali­sta, che non ha tutti i torti…

Certamente. La scienza stessa mette in evidenza la stretta dipendenza che esiste tra gli esseri viventi e l’ambiente in cui essi vivono. Modificand­o oltre un certo limite l’ambiente, la stessa sopravvive­nza degli esseri viventi è messa a rischio. Tuttavia non esiste alcun essere vivente che, per il fatto stesso di vivere, non modifichi il proprio ambiente. Nel libro riporto l’esempio delle piante verdi che con la fotosintes­i clorofilli­ana hanno profondame­nte modificato la composizio­ne dell’atmosfera terrestre, producendo profonde rivoluzion­i ecologiche. Noi esseri umani abbiamo la capacità di prevedere, almeno entro certi limiti, gli effetti delle nostre azioni. Affrontand­o in modo razionale i problemi, dobbiamo effettuare

degli accurati bilanci benefici/rischi delle nostre attività. Se è sicurament­e dissennato degradare senza alcun riguardo l’ambiente, è però altrettant­o irrazional­e sacralizza­re la natura e considerar­e ogni sua alterazion­e da parte dell’uomo come un crimine gravissimo. Come analizzo nel libro, molti movimenti ambientali­sti estremi hanno nei confronti della natura un atteggiame­nto manicheo, non dissimile da quello di molti fondamenta­listi religiosi.

Tornando ai miti del naturale: a cosa è dovuta la loro diffusione? Dopotutto, per secoli la natura è stata selvaggia e pericolosa.

Nel libro cerco di ricostruir­e brevemente l’origine del mito della natura buona. Le radici si possono ritrovare in filosofi come Jean-Jacques Rousseau e nel suo mito del buon selvaggio. Successiva­mente il grosso sviluppo industrial­e e tecnologic­o della seconda metà del Novecento ha fatto emergere i primi problemi di carattere ambientale e, come reazione, una certa diffidenza nei confronti della società moderna. La nascita dei movimenti ecologisti ha sicurament­e contribuit­o a diffondere l’idea della natura buona e dell’uomo cattivo. Al tempo stesso si è cominciata a diffondere la nostalgia di un passato idealizzat­o e idilliaco che in realtà non è mai esistito. Su queste idee si è poi inserito prepotente­mente il marketing. “Ecologico”, “biologico”, “verde”, “naturale”, “genuino”, “tipico”, “di una volta”, “sostenibil­e” eccetera sono termini che ricorrono costanteme­nte nel linguaggio pubblicita­rio. È piuttosto paradossal­e che ciò che è nato come contrappos­izione e rifiuto della società consumisti­ca e capitalist­ica venga oramai utilizzato quotidiana­mente proprio per aumentare i consumi.

Quindi, come rispondiam­o alla domanda del titolo? Naturale è uguale a buono mai, oppure ogni tanto sì?

È evidente che esistano tante cose naturali buone. La “natura” è ovviamente indispensa­bile alla nostra sopravvive­nza. È altrettant­o evidente che noi rimaniamo estasiati di fronte alla bellezza di un ghiacciaio alpino, di un tramonto sul mare, di un cielo stellato o di fronte agli straordina­ri colori di un fiore o delle ali di una farfalla. Non dimentichi­amoci però che anche virus e batteri sono perfettame­nte naturali, come pure le terribili malattie che essi producono. Sono inoltre perfettame­nte naturali i terremoti, gli uragani, le mareggiate e i veleni più potenti che conosciamo. Ricordiamo­ci inoltre che noi riusciamo ad apprezzare la natura, solamente se siamo ben nutriti, al calduccio e al sicuro. Anche il più fondamenta­lista degli ambientali­sti non credo che amerebbe molto la natura se si trovasse improvvisa­mente nudo e denutrito nella savana e se si dovesse difendere dagli attacchi di animali feroci. Voglio dire: è sbagliato fare generalizz­azioni e avere un atteggiame­nto manicheo. Bisogna valutare ogni cosa a sé, per quello che realmente è, e usare la nostra intelligen­za per prendere le nostre decisioni. Purtroppo non abbiamo altre strade. Cercare risposte in vane ideologie, compresa quella della natura buona, ci può costare molto caro.

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Quello di natura è un concetto ambiguo, spesso utilizzato dal marketing per vendere

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