‘Pli selon Pli’
Il direttore Arturo Tamayo, nel quarto concerto della XIX stagione di 900presente, ha diretto all’Auditorio della Rsi musiche di Claude Debussy e Pierre Boulez palesemente motivate, se non proprio ispirate, dalla poesia simbolista francese dell’Ottocento e ha portato in scena un Ensemble 900 del nostro Conservatorio formato di 33 strumentisti con Claire Michel de Haas, voce recitante, e Alice Rossi, soprano, due allieve di Luisa Castellani. Al Conservatorio della Svizzera italiana va ancora una volta un grande elogio e anche il rispetto di una recensione senza piaggerie. La musica di scena che Debussy ha scritto come accompagnamento alla recitazione delle sue “Chansons de Bilitis” è una musica appropriata, ma subordinata ai testi di dodici poesie di Pierre Louÿs, che evocano con nostalgia il diverso rapporto tra l’Eros e la morale nella Grecia antica. Tamayo l’ha affidata a due arpe, due flauti e una celesta. La recitazione di Claire Michel de Haas mi è sembrata deliziosa, ma la sua voce si è persa alquanto nella sala. L’impossibilità di gridare espressioni prossime al sospiro pone sempre il problema dell’incompatibilità delle sale da concerto con la recita teatrale e fa pensare alle risorse della settima arte, all’efficacia di sussurri e sospiri nei primi piani delle riprese cinematografiche. Le “Improvisation sur Mallarmé I, II, III” scelte da Tamayo, formano con “Don du poème” e “Tombeau” l’omaggio a Mallarmé “Pli selon Pli”, che nel catalogo delle opere di Boulez porta le date 1957-1988. Sono cinque brani che elaborano altrettanti sonetti dell’ermetico Stéphane Mallarmé (1842-1898), quasi un tentativo di comprenderne il messaggio poetico oltre il semplice materiale fonetico, cavarne un aiuto alla ricerca di un equilibrio tra costruttivismo e spontaneità nel linguaggio musicale. I testi sono comunque di poco aiuto per l’ascoltatore, spiazzato da una musica che lo costringe in ogni momento a cancellare ogni impressione si fosse formato nei passaggi precedenti, lo lascia alla fine più propenso a grattarsi il capo, che a battere le mani. Chi ha visto Boulez dirigere sue opere, ricorda come lasciasse talvolta agli esecutori la scelta se suonare o no certe note pur scritte nella partitura. Del resto tutta la sua opera è sempre aperta a ogni rifacimento e merita assolutamente l’etichetta di work in progress. Lo esprime anche il titolo “Pli selon Pli”, esso pure tolto da un sonetto di Mallarmé, che vuol evocare la nebbia che si dissipa, come un sipario che si apre su nuovi scenari. Intanto le “Improvisations sur Mallarmé”, scritte in momenti di ricerca di complessità da grande orchestra, sono di esecuzione difficile per quasi tutti gli strumenti, massacranti per la soprano solista. Alice Rossi e gli orchestrali si sono mostrati tecnicamente all’altezza della partitura, ma più smarriti che stupiti del suo contenuto. Alla loro esecuzione è mancata la capacità di svelare la forza immaginativa e la pertinenza del pensiero musicale.