‘Adem vive a casa nostra’
Un solo migrante minorenne non accompagnato vive da agosto con una famiglia luganese che l’ha scelto e voluto perché amico del figlio maggiore. ‘Adem è come un figlio per noi, lo abbiamo accolto per dargli le migliori chance di integrarsi’. Il 15enne nor
Aveva 13 anni, quando è arrivato al centro di registrazione di Chiasso. Alle spalle lascia in Etiopia sua madre e numerosi fratelli. Alle spalle ha anche una faticosa odissea fatta di campi profughi, jeep stracolme nel deserto, maltrattamenti e barconi di fortuna; un enorme business dove i migranti, grandi e piccoli, sono la nuova vacca da mungere di organizzazioni criminali. Adem ha attraversato tutto questo a soli 13 anni. Oggi ne ha 15, vive nel Luganese con la famiglia Schoepf che ha due figli (di 12 e 14 anni) e da settembre va in terza media a Gravesano. È l’unico migrante minorenne non accompagnato affidato ad una famiglia in Ticino.
Tutto è iniziato al campo di calcio
«L’ho conosciuto nell’autunno del 2016, perché giocava a calcio con mio figlio maggiore. Mi ha colpito per il suo sorriso e perché dopo allenamento e doccia si rimetteva gli stessi indumenti usati in campo. Così ho scoperto che era qui solo e stava al foyer della Croce Rossa di Paradiso per richiedenti l’asilo minorenni», spiega Simona Spinedi Schoepf. La incontriamo a Breganzona nel suo studio di psicoterapia, ci racconta come ha conosciuto Adem (nome cambiato dalla redazione) e come il destino della sua famiglia si è legato a questo adolescente dallo sguardo intelligente e deciso. C’è stata prima curiosità, poi sintonia, ora affetto: «Adem è come un figlio per noi, lo abbiamo accolto nella nostra famiglia lo scorso agosto perché vogliamo che abbia le chance migliori per farcela in Svizzera. Con noi, può integrarsi più velocemente, va in classe con mio figlio maggiore. Parla bene l’italiano e anche il dialetto. È immerso quotidianamente nella nostra cultura, mangia il nostro cibo, potrà sfruttare anche la nostra rete sociale. Lui ha un effetto calmante sui nostri due figli. Per loro è un’esperienza di accoglienza straordinaria che sta cambiando la loro visione del mondo. Tutto ciò avrà un impatto sui loro progetti futuri.
Adem è un grande regalo», dice la donna. Dal primo incontro all’affido è passato quasi un anno. «Ha legato subito con mio figlio maggiore, se la intendevano anche se uno parlava inglese e l’altro italiano. Ha iniziato a venire a cena da noi, poi durante qualche weekend. Giocavano insieme, ridevano, guardavano la tivù», racconta. E subito diventa un
appuntamento fisso. Ovviamente con l’autorizzazione da parte della direzione del foyer della Croce Rossa.
‘Era straziante riportarlo al foyer’
«Ogni domenica sera era straziante riportarlo al foyer, ci stavamo tutti legando a lui», dice. La psicoterapeuta specializzata
in trauma osserva il ragazzo, sa che ha vissuti difficili, ma conclude che l’ambiente della famiglia non riattiva ricordi spiacevoli. Anzi, è un luogo protettivo. Con il marito decide di annunciarsi come famiglia affidataria. «Pensavo potesse semplicemente traslocare da noi, ma abbiamo dovuto fare le pratiche dell’affido», ricorda.
La famiglia Schöpf è motivata e inizia il percorso, ad agosto Adem viene loro affidato, a settembre inizia la scuola. «La direzione ci è venuta incontro, lasciandolo in classe con nostro figlio. Adem va bene, fa fatica solo in matematica», precisa. Il prossimo scoglio sarà trovare un posto di stage.
70 rifugiati minorenni non accompagnati nei foyer della Croce Rossa aperti nel 2015 (cifre ottobre 2017)
1 rifugiato minorenne non accompagnato in una famiglia luganese dall’agosto 2017