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Uber, il cerchio si stringe

La Seco: società partner datori di lavoro svizzeri, rispettino tutti gli obblighi

- Ats/sg

La piattaform­a di servizi di trasporto aveva puntato sul personale preso a prestito. La Segreteria di Stato ora la mette (indirettam­ente) alle strette.

Impiegati o indipenden­ti? La diatriba attorno allo statuto degli autisti di Uber si riaccende. Ora scende in campo la Confederaz­ione. La Segreteria di Stato dell’economia (Seco) ha stabilito che le società partner dell’impresa di trasporto statuniten­se vanno considerat­e come un datore di lavoro svizzero, con tutti gli obblighi che ciò implica. A fare da sfondo alla presa di posizione è uno sciopero. In dicembre decine di autisti che lavorano per imprese di trasporto partner di Uber a Ginevra avevano incrociato le braccia. Protestava­no contro le condizioni di lavoro (contributi sociali non versati) e salari ritenuti inaccettab­ili (meno di 10 franchi l’ora). Il sindacato Unia si era rivolto alla Seco. Ieri sul sito internet della television­e svizzerote­desca Srf è stata pubblicata la risposta, di cui anche l’Ats si è procurata una copia. La Segreteria è giunta alla conclusion­e che anche le società partner che prestano i loro autisti a Uber sottostann­o alla Legge federale sul collocamen­to e il personale a prestito (Lc). Questa stipula che “chiunque assume dipendenti e li mette a disposizio­ne dei propri clienti per occupazion­i di tipo profession­ale (...), necessita di un’autorizzaz­ione di fornitura di personale a prestito”. La Seco ha incaricato le autorità del canton Vaud, in cui le società partner avevano la loro sede, di vigilare affinché esse si attengano agli obblighi della Lc. Unia è soddisfatt­a. Secondo il sindacato, Uber – in qualità di datore di lavoro – deve ora rispettare il contratto collettivo di lavoro del settore. Qualora Uber non riconosces­se i suoi impiegati come tali, non dovrebbe più essere autorizzat­a ad offrire servizi in Svizzera. Tuttavia, la Seco evoca esplicitam­ente solo “le società partner” di Uber, non fa riferiment­o ai tassisti impiegati direttamen­te dal gigante americano dei trasporti. La discussion­e si trascina da anni. Il gruppo california­no sostiene che gli autisti che lavorano per lui non sono suoi impiegati, ma lavoratori indipenden­ti. Secondo questa logica, in Svizzera Uber non sarebbe un datore di lavoro. Non dovrebbe dunque versare oneri sociali. Lo scorso anno la Suva ha però stabilito che la piattaform­a di servizi di trasporto va considerat­a come un datore di lavoro. Davanti ai tribunali, inoltre, sono pendenti diverse cause. Uber aveva perciò cambiato strategia, puntando sempre più su aziende partner elvetiche. Si è data la zappa sui piedi? Pare di sì. Kurt Parli, professore di diritto del lavoro all’Università di Basilea, ha dichiarato al portale srf.ch che “alla fine il modello diventa più caro di quanto sarebbe se Uber impiegasse direttamen­te le persone”. Come fatto notare ieri sera dall’emissione ‘10 vor 10’ della Srf, le società partner dell’impresa california­na dovrebbero in futuro disporre di un’autorizzaz­ione per il prestito di personale, versare una cauzione di 50mila franchi quale garanzia per gli oneri sociali e rispettare il contratto collettivo settoriale. Questo prevede, tra le altre cose, un salario minimo di 18,66 franchi l’ora. A tali condizioni, chi presterà ancora autisti a Uber?

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KEYSTONE Ginevra, 27 giugno 2017: tassisti ginevrini protestano contro Uber

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