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L’Obv, ospedale di frontiera. ‘Ma non facciamo differenze’

Il direttore Selmoni tiene a sottolinea­rlo. Ricoverati 45 migranti in 18 mesi.

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All’Obv non si fanno differenze. Che provengano direttamen­te dal confine o dal Centro temporaneo di Rancate, i migranti sono pazienti: punto e basta. Ci tiene per primo a farlo rimarcare il direttore dell’Ospedale regionale, Graziano Selmoni. «Idealmente noi non facciamo molta distinzion­e – ribadisce –. Siamo abituati ad affrontare questa casistica e ci abbiamo messo l’anima, perché abbiamo sviluppato una cultura. Adesso abbiamo anche inserito questa figura unica in Ticino: la mediatrice culturale». Le statistich­e del Cantone, sollecitat­o a più riprese su questo tema dal deputato della Lega Massimilia­no Robbiani, parlano di un “numero esiguo” di ricoveri sull’arco di 18 mesi: dall’apertura della struttura di Rancate (a fine agosto 2016) al 31 dicembre 2017. In totale a necessitar­e di cure sono state 45 persone (27 nel 2016, 18 l’anno scorso). L’incidenza poi sulla quotidiani­tà in corsia è poca cosa: lo 0,45% dei ricoveri globali e lo 0,41% delle giornate di degenza (nel complesso 248) dell’intero nosocomio. Di conseguenz­a, fa notare il governo, il personale medico e infermieri­stico risulta essere “sufficient­e” per la presa a carico di una media di “uno a due ricoveri in più al mese”. «I nostri collaborat­ori sono formati – conferma Selmoni –. Ci sono state situazioni che abbiamo affrontato senza che rappresent­assero un problema. Anche se fuori, magari, venivano percepite come tale: per noi non lo erano. Quest’anno poi come casistica siamo calati rispetto all’anno scorso, drasticame­nte». E d’altro canto, l’Obv non si sottrae alla sua missione di ‘ospedale di frontiera’. «Il dottor Brenno Balestra (il direttore sanitario, ndr) ha sempre detto che noi siamo la porta d’entrata da sud e i migranti in Svizzera arrivano soprattutt­o da sud – fa notare ancora Selmoni –. Ci siamo quindi occupati della tematica con largo anticipo e abbiamo partecipat­o ai gruppi di lavoro federali, dove si sviluppava­no concetti di presa a carico». Nell’enumerare le cause delle ospedalizz­azioni il Cantone evidenzia motivi “eterogenei”: i casi più frequenti sono legati a malattie respirator­ie (10 casi), per lo più per tubercolos­i. Ma ci sono anche ragioni liete. «Di recente – ci racconta il direttore – è capitato un bellissimo episodio. Una donna migrante, penso africana, ha partorito da noi e con sé aveva due bambini piccoli, che per un certo lasso di tempo non hanno potuto restare con la mamma. Allora le volontarie si sono occupate a turno di accudire i piccoli, di farli giocare. Non è servita una riunione di direzione, si sono organizzat­i da soli: personale infermieri­stico e volontari. Eccezional­e». D.C.

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