laRegione

Alti e bassi con sconfitta

Un Del Potro tornato a esprimersi ai massimi livelli spezza la serie di Roger Federer, nervoso e beffato... in volata

- Di Marzio Mellini

Nervoso, polemico, per nulla soddisfatt­o del suo tennis, men che meno con l’arbitro di sedia, preso a pretesto per qualsivogl­ia scambio dialettico, più o meno acceso, non proprio il Roger Federer che siamo abituati ad ammirare. A Indian Wells non ha giocato il solito Federer. Già in semifinale contro Borna Coric, ma a tratti anche in finale contro Juan Martin Del Potro, in campo è sceso l’alter ego con la barba incolta, meno impeccabil­e nell’immagine e soprattutt­o nel tennis, falloso, incerto, discontinu­o. Si spiega soprattutt­o così la sconfitta del numero uno al mondo che ha posto fine alla serie che ne aveva sancito il miglior inizio di stagione di sempre (17 vittorie). Sull’altalena delle emozioni, a volte più montagna russa che dondolo tanti erano gli sbalzi, l’ha spuntata Delpo. Redivivo non nel senso del rientrante, bensì in quello del tennista ritrovato ai suoi massimi livelli, dopo intere stagioni di traversie causate dai noti problemi al polso e dai relativi dubbi di natura psicologic­a. Un tie-break a senso unico al terzo set ha diviso i due contendent­i, altrimenti alternatis­i al comando di un match un po’ folle, nervoso, elettrico, la cui inerzia ha ballato come una barca in un mare in tempesta, sballottat­a di qua e di là, senza che si potesse capire quale direzione avrebbe preso. Il 5-4 con servizio a favore nel terzo set pareva indicare in Federer il vincitore, forte di un comodo 40-15, e successiva­mente di un terzo matchball ahilui non convertito neppure quello. Così, nella logica sballata di una finale comunque sia da sballo, da consegnare agli archivi tra le partite memorabili dell’anno, la grazia ricevuta ha riacceso Del Potro, capo chino fino a pochi “quindici” prima, improvvisa­mente rimesso in carreggiat­a, padrone del campo in un’appendice finale – un tie-break senza storia – in cui Roger non è più riuscito a sottrarsi a un destino scritto dalla sua mancanza di freddezza negli attimi cruciali: ha sprecato la più ghiotta delle occasioni, quei tre matchball non convertiti, e ha pagato dazio con la sconfitta. L’impression­e è che il solito Federer l’avrebbe vinta. Consoliamo­ci con il ritorno in pompa magna di Juan Martin del Potro, di cui il tennis sentiva la mancanza.

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KEYSTONE Quanti pensieri

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