Aiuto allo studio, Bertoli intende allargare... la borsa
Cinque milioni in soli due anni. A tanto ammonterebbero i tagli alle borse di studio decisi da governo e parlamento che complicano non poco la vita degli studenti. E così i diretti interessati ieri a Bellinzona hanno dato vita a un “flashmob”, un sit-in improvvisato, coordinato dal Sindacato indipendente degli studenti e degli apprendisti (Sisa) che ha visto scendere in strada – e raggiungere Palazzo delle Orsoline, sede del Consiglio di Stato – gli allievi della Scuola cantonale di commercio e del Liceo cittadino. “Le recenti decisioni delle autorità politiche – si legge in una nota del Sisa – hanno provocato una situazione del tutto inaccettabile”. Da qui la protesta contro “un’istruzione all’americana, dove solo i ricchi possono studiare”. «Sul tavolo del governo vi sono alcune proposte che vanno nella direzione auspicata dagli studenti» ci dice Manuele Bertoli, presidente del Consiglio di Stato e direttore del Decs, da noi sollecitato per commentare la protesta. La revisione proposta prevede un innalzamento del tetto massimo (16’000 franchi) oggi riconosciuto «perché sappiamo che il costo di uno studente universitario fuori cantone supera i 20’000 franchi e per le famiglie a basso reddito il massimo attuale non basta» precisa Bertoli. Vi è poi l’idea di meglio valutare la reale situazione finanziaria familiare. Resta in sospeso, infine, la decisione governativa sulla conversione in prestito di un terzo della borsa di studio per chi frequenta il Master. «A chi protesta voglio dire – aggiunge Bertoli – che dal 2015 perlomeno il tema è regolato da una legge, mentre in passato la concessione o meno delle borse era a discrezione del governo». Poi, certo, il meccanismo è cambiato e si è affinato prendendo in considerazione il ‘reddito disponibile’ delle famiglie e non più l’imponibile.