I tassi non fanno paura
Credit Suisse non teme l’eventuale aumento da parte della Banca nazionale Lo studio ‘Monitor Svizzera’ rileva un livello di indebitamento elevato. La banca rivede inoltre al rialzo il Pil per il 2018 (+2,2%).
Molti settori dell’economia svizzera dovrebbero tollerare un aumento dei tassi d’interesse, nonostante il livello di indebitamento generalmente elevato. Fa eccezione il mercato immobiliare. Lo rivela lo studio ‘Monitor Svizzera’, pubblicato ieri da Credit Suisse. Gli economisti della banca elvetica hanno inoltre corretto nettamente al rialzo le loro stime relative alla crescita economica nel 2018: il prodotto interno lordo (Pil) dovrebbe crescere del 2,2%, invece che dell’1,7%, come anticipato sei mesi fa. L’istituto si aspetta che la Banca nazionale svizzera (Bns) aumenti i tassi d’interesse nel marzo 2019 per la prima volta dal 2007. Secondo gli esperti di Credit Suisse, questa svolta potrebbe comportare turbolenze per il mercato immobiliare, ma grazie alle misure precauzionali adottate dalle autorità e dalle banche, anche in tal caso il rischio per l’economia nel suo insieme sarebbe limitato. E ciò nonostante l’indebitamento privato si situi a un livello record nel confronto internazionale. Stando allo studio trimestrale tale peso può essere ben retto dalle economie domestiche, considerando che la quota di reddito che esse devono utiliz-
zare per pagare gli interessi non è mai stata così bassa, in quanto i tassi ipotecari sono scesi ai minimi storici (circa 1,6%). Se i tassi ipotecari medi fossero attualmente ai livelli del 2007 (3,3%), alle economie domestiche che possiedono un’abitazione il servizio del debito costerebbe il doppio rispetto a oggi. Se il livello
dei tassi d’interesse fosse quello dei periodi di picco degli anni Novanta (7,8%), il servizio del debito sarebbe perfino cinque volte più costoso, hanno calcolato gli economisti di Credit Suisse. Gli esperti della banca non si aspettano tuttavia che ciò abbia ripercussioni negative sui consumi e quindi sulla congiuntura. Questo a causa della quota relativamente bassa di proprietari di abitazioni, ma anche perché le economie domestiche tendono piuttosto a risparmiare di meno che a spendere di meno. Si può comunque prevedere una flessione della domanda per alcuni beni di consumo come automobili e spese nell’ambito del commercio al dettaglio. Neppure le decisioni d’investimento delle imprese risentiranno del mutato contesto dei tassi d’interesse. Come conferma un precedente sondaggio di Credit Suisse tra le Pmi, alle condizioni di finanziamento (come il livello dei tassi) si attribuisce spesso un’importanza secondaria nell’ambito delle decisioni di investimento riguardanti attrezzature e macchinari. Gli investimenti nella costruzione sono invece la categoria di domanda con la più marcata – e negativa – sensibilità ai tassi d’interesse. Gli economisti di Credit Suisse hanno inoltre rivisto al rialzo il Pil per il 2018 (+2,2%). Il motivo sarebbe che l’export sta approfittando di una fase di “mini boom” dell’economia elvetica, si legge in un comunicato diffuso ieri. Al contempo il lieve indebolimento del franco dà un po’ di fiato alle imprese in termini di margini e utili. Ciò dovrebbe comportare una crescita sovraproporzionale degli investimenti in beni strumentali (impianti, macchinari, veicoli) delle aziende, che dovrebbero crescere del 4,0%, a differenza del 2,8% pronosticato in precedenza. Per il 2019, invece, Credit Suisse prevede una progressione del Pil dell’1,7%.