Storia di una collezione
La mostra / Esposte al Museo d’Arte di Mendrisio le opere della donazione Bolzani Una mostra, un’occasione per immergersi in una temperie culturale che nel secondo ’900 ha avvicinato Ticino e Italia, nel segno dell’arte moderna...
La collezione Bolzani è iniziata con una natura morta cotta: un pesce lesso di Bernard Buffet del 1953 affiancato da un paio di limoni. Fu comprata a Lucerna nel 1959, ma poi la collezione si costruì soprattutto tra Milano e il Ticino; un centinaio di opere di artisti italiani del Novecento, in particolare del dopoguerra. La mostra ora aperta al Museo d’Arte di Mendrisio, dopo la donazione fatta da Lorenza e Giovanni Bolzani, documenta l’acquisizione della collezione da parte dei loro genitori Nene e Luciano, e ripropone i temi di una stagione, quella milanese-ticinese, durante la quale sia gli artisti regionali, sia le persone interessate e quindi i collezionisti, si sono rivolti alla piazza milanese per la formazione e per cercare un mercato di sbocco o, nel caso dei collezionisti, di approvvigionamento. Di questa vicenda rende conto il testo scritto da Simone Soldini per il catalogo, per ciò che riguarda la produzione degli artisti e i riferimenti di costoro; poi per la dinamica delle gallerie e per la nascita e lo sviluppo di una serie di attività culturali e commerciali in Ticino, dalla galleria Il Mosaico di Chiasso a Il Negromante di Locarno (nella presentazione Soldini ha citato l’attività di Mario Matasci a Tenero, che fu importante perché riuscì a coinvolgere artisti, letterati, critici e ad impegnarli in un’area che ancora oggi vediamo rappresentata negli spazi della sua Fondazione). Poi ci sono le figure intellettuali di riferimento, sullo sfondo del dibattito e della produzione italiani, o direttamente operative o coinvolte nel territorio ticinese.
Dalle pareti di casa al museo
La mostra di Mendrisio quindi, oltre a rendere conto di come il patrimonio del museo si arricchisce e a presentare alcuni dei tanti spunti ai quali l’attività espositiva futura può fare riferimento, propone il tema di un filone produttivo e di un’attività commerciale e intellettuale che sono stati importanti lungo il corso di alcuni decenni del XX secolo e che è importante continuare a riprendere, ricordare e studiare. Per il pubblico vi è poi un altro motivo d’interesse: come si compone una «collezione appesa alle pareti di casa, nata per arredare la casa» (riprendo le parole dette durante la presentazione da Giovanni Bolzani) in quel periodo, «dopo la guerra, in cui dal Ticino ci si ributta verso l’Italia e i ticinesi riprendono a leggere i giornali italiani. Negli anni Sessanta e Settanta non c’era settimana durante la quale non si andava a Milano o a Pavia». Qui, troviamo eminentemente il paesaggio, con un contrappunto di natura morta e di figura umana: appese alle pareti di casa, tutte le opere della collezione corredavano i muri di punti di contatto con il mondo esterno, fosse esso prossimo, domesticamente esoti-
co (Procida, Bordighera, Viareggio…), pastorale alla Morlotti o alla Dobrzanski, sottolineando poi, attraverso la natura morta e la rappresentazione della figura umana, la misura domestica. Anche nei casi di astrazione, informale o gestuale, spesso ritorniamo a quella temperie e abbiamo così, accanto a ‘Transiti’ di Emilio Vedova o ‘Senza Titolo’ di Mark Tobey, il quadro di Karel Appel che si chiama ‘Faune’. La mostra di Mendrisio ci porta quindi in un paesaggio che è stato il nostro fino a qualche tempo fa e che ora vediamo sempre più frammentato e cancellato da nuove presenze. È importante lavorare sulla relazione tra quella realtà e questa che viviamo.