E se avesse ragione Galileo?
Il Lugano incrocia le dita sperando nell’avversario migliore. Con la speranza che, in qualche modo, Lajunen ce la possa fare.
Di snervante non c’è solo l’attesa. A pesare, il giorno dopo l’euforia per una semifinale conquistata in sole cinque mosse, c’è soprattutto l’incertezza. Su più fronti, oltretutto. Infatti, oltre al nome dell’avversario che Ireland e il Lugano sfideranno da martedì in poi, mancano pure notizie sicure sul conto di Jani Lajunen, dopo un martedì trionfale macchiato dalla (vistosa) bastonata alla mano del centro finlandese ad opera di Lorenz Kienzle (nei cui confronti la Lega ha prontamente avviato una procedura disciplinare). Notizie che lo staff tecnico del Lugano avrà senz’altro già ottenuto, ma che – playoff oblige – si guarda bene dal diffondere pubblicamente. Qualcuno ricorderà che lo stesso Kienzle, quand’ancora vestiva la maglia del Lugano, due anni fa, disputò l’intera gara-2 dei quarti contro lo Zugo con un dito fratturato da una discata, e nonostante ciò si permise il lusso di trasformare un rigore al 53’, dopo fallo d’emergenza di Schlumpf. E nonostante tutto, una decina di giorni dopo lo sciaffusano era già in pista per il secondo atto della semifinale con il Servette di McSorley. Nell’impossibilità di sapere quale sia l’entità del danno per il finlandese, i tifosi del Lugano si augurano che ora possa accadere la stessa cosa nel caso di Lajunen. Specialmente tenendo conto che, come si suol dire, per non giocare nei playoff bisogna praticamente essere morti. Pur se ci si può chiedere quale possa essere l’apporto fornito da giocatori che scendono in pista a mezzo servizio. Se non dovesse farcela il ventisettenne di Espoo – che alla Resega non solo è il centro di riferimento, ma pure un distributore automatico di dischi –, Ireland sarebbe invece costretto a ridisegnare interamente l’attacco, cominciando dal rimpiazzare Lajunen con Lapierre. Ciò che potrebbe però anche servire a rivalutare le posizioni di un Fazzini lontano dal rendimento offensivo al quale ci aveva abituati e di un Klasen fin qui sostanzialmente ai margini. Chissà che non avesse davvero ragione Galileo Galilei, a cui si attribuisce l’affermazione secondo cui dietro a ogni problema si nasconde un’opportunità.
Peggio il rigore o l’astuzia?
A proposito di frasi ricorrenti: quella tanto cara a Greg Ireland («focalizziamoci su ciò che possiamo davvero influenzare) è un pensiero quantomai d’attualità in queste ore. Infatti adesso il Lugano può soltanto aspettare, sperando che dal quarto tra Bienne e Davos (stasera, o sabato nella peggiore delle ipotesi) finisca per saltar fuori l’avversario ideale. Già, ma l’avversario ideale qual è? Al di là dei precedenti stagionali che dicono tutto e niente, visto che i playoff sono tutt’altra cosa (chiedere a Zugo per conferma), l’impressione è che, dei due, lo sfidante più indicato per i bianconeri sia quello grigionese. Non solo perché tra i pali ci sarebbe Gilles Senn al posto di uno come Hiller, ma pure perché sul piano strettamente difensivo la squadra di Del Curto è meno rigorosa rispetto al Bienne plasmato da Antti Törmänen, i cui uomini sono pure capaci di aspettare gli avversari in quattro. D’altro canto, il Davos è squadra rapida in fase di transizione e offensivamente più astuta. E non teme l’ingaggio fisico. Alla Resega è ancora vivo il ricordo della trasferta alla Vaillant Arena di sabato 3 marzo: già, ora più che mai i Bürgler, i Brunner e i Chiesa al Lugano farebbero davvero comodo.