laRegione

‘S. Martino? Era scritto’

Mendrisio, quattro passi con Carlo Croci sui luoghi del ‘suo’ sindacato Tra poche ore diventerà un semplice cittadino

- Di Daniela Carugati

A spasso per Mendrisio con Carlo Croci un sabato qualunque: in questi anni non è capitato spesso (soprattutt­o a noi giornalist­i). E allora perché non rileggere una vita da sindaco – ancora poche ore e appenderà la carica definitiva­mente al chiodo, passando il testimone al suo subentrant­e in Municipio, Paolo Danielli – attraverso i luoghi. Un ‘viaggio’ a tappe che dice molto della politica che ha caratteriz­zato gli ultimi 24 anni della ‘regia’ Croci e di quella che, oggi, è una Città.

La prima ‘fermata’ è quasi obbligata: Palazzo Turconi, già Obv, oggi sede (la prima) dell’Accademia di architettu­ra. In fondo la ‘svolta’ di Mendrisio inizia qui. Giusto?

È stato il momento più significat­ivo. Ed è anche il ricordo più bello di tutta la mia carriera politica, pur avendone tanti belli. Di fatto è stata una combinazio­ne di fattori: alla mia prima seduta da vicesindac­o – il sindaco di allora si era dimesso – mi trovai fra le mani la lettera del Dipartimen­to dell’educazione che ci informava di aver elaborato degli studi di fattibilit­à per l’insediamen­to dell’università in Ticino; e tra i tanti siti esaminati vi era pure Mendrisio (collegato all’Obv). E lì fu un buttarsi a capofitto: unico, incredibil­e.

Insomma, la fortuna di essere al posto giusto nel momento giusto.

Ma poi non abbiamo lasciato nulla di intentato. E l’Accademia è arrivata, e con lei l’Università della Svizzera italiana. L’ho rievocato più volte ultimament­e – tant’è che Giorgio Giudici (già sindaco di Lugano, ndr) mi ha chiamato –: ci fu quella stretta di mano fra noi, da soli, a Palazzo comunale a Lugano: io, economista, che chiedevo l’Accademia e lui, architetto, che chiedeva la facoltà di Scienze economiche. Quello scambio fu un reciproco impegno ad andare avanti insieme. Poi vennero gli incontri con Buffi, Dell’Ambrogio, tutte le varie fasi della candidatur­a, con l’intento di costruire il consenso dopo la bocciatura popolare di qualche anno prima del Cusi (Centro universita­rio Svizzera italiana). Credo di aver influito su questa scelta, ecco perché, tra i ricordi, è il più importante. L’altro ricordo magnifico è aver costruito la Città: Salorino dapprima, poi 5 Comuni nel 2009, e gli altri 3 nel 2013, andando a comporre una Città di 10 Comuni.

Altro passaggio cruciale?

È stato un grande momento di vita locale, prossimità, relazioni, anche di ascolto. Perché c’erano i favorevoli, ma pure i contrari. Insomma, se quello dell’Università è stato un progetto di crescita infrastrut­turale, quello dell’aggregazio­ne è stato un grande esercizio di democrazia.

L’Accademia di architettu­ra ha contribuit­o, in un certo senso, a emancipare Mendrisio?

Il polo accademico ha creato una centralità su Mendrisio, favorendo un consenso anche dei Comuni della cintura, che hanno accettato poi un discorso di aggregazio­ne. È la prima volta che sento parlare di emancipazi­one, ma ci sta come ragionamen­to. L’Accademia ci ha fatto diventare un po’ più grandi. Decisament­e. Lo intuivamo e ci chiedevamo: Mendrisio cittadina universita­ria, cosa vorrà mai dire? Ecco l’Accademia ha dato importanza al Comune nel Paese.

E ha fatto da volano alla Supsi.

Indubbiame­nte. L’arrivo della Supsi, con il suo Dipartimen­to di architettu­ra, costruzion­e e design è strettamen­te collegato alla presenza dell’Accademia, perché le due tipologie di formazione potranno far capo a una serie di servizi comuni e creare davvero un centro delle eccellenze per gli studi legati al territorio e alle costruzion­i. Certo ha contribuit­o anche l’acquisito strategico da parte della Città dei sedimi alla stazione. In quel caso, come per l’Usi, il Consiglio comunale ha detto sì prima che ci fossero le necessarie autorizzaz­ioni a livello cantonale. Quindi in due occasioni abbiamo avuto un legislativ­o estremamen­te capace di comprender­e la visione sul tavolo. Del resto, posso dire che in questi anni nel dibattito, talvolta anche acceso, con il legislativ­o abbiamo sempre trovato una collaboraz­ione e una coesione.

Alla lungimiran­za dell’esecutivo, insomma, ha fatto da controcant­o il coraggio del legislativ­o. Si è osato?

Certo. Credo di aver trovato sempre tra i colleghi di Municipio e legislativ­o delle persone che, seppur con opinioni diverse, sono state disponibil­i ad ascoltare e a condivider­e le scelte dell’esecutivo.

Quanto si può dire che l’Accademia faccia parte di Mendrisio e Mendrisio dell’Accademia? Non si è faticato a far incontrare ateneo e Città?

L’Accademia è arrivata a Mendrisio in punta di piedi. Si è comportata sempre delicatame­nte; ha prima occupato il Turconi e successiva­mente con gli acquisti dei sedimi a Canavée ha potuto costruire il corpo principale per gli studi. Ha sempre proposto progetti che, dopo qualche tempo cambiavano, ma siamo sempre riusciti a trovare le soluzioni. L’ultima testimonia­nza è il Teatro dell’architettu­ra: ci sono voluti più di 10 anni dal primo pensiero alla realizzazi­one. E se penso a Canavée e al Teatro, sono strutture bellissime. Possiamo solo portare rispetto nei confronti dell’Accademia. Certo, qualche volta tra gli studenti e la popolazion­e gli animi si sono un po’ surriscald­ati, ma fa parte delle cose belle di una cittadina che vuole crescere. E da una parte e dall’altra tutti hanno tratto degli insegnamen­ti. Racconto la mia esperienza: uno dei momenti più forti risale a tanti anni fa, quando gli studenti seppero della morte di Panos Koulermos – era il 1999, ndr – uno dei grandi architetti del mondo venuto a insegnare a Mendrisio e amatissimo dai ragazzi. Faceva ancora parecchio caldo e gli alunni si radunarono sulla scalinata del Turconi e vegliarono tutta la notte con delle fiaccole accese. Io feci parte, per un certo periodo, di quella veglia: fu un momento particolar­e.

Qui al Turconi non si può non rammentare come per taluni – penso alla Stan (Società ticinese per l’arte e la natura) che ha fatto resistenza ad alcuni dei progetti presentati dall’Accademia di architettu­ra –, l’approccio dell’ateneo sia stato vissuto un po’ come una ‘occupazion­e’ del territorio. Si è temuto che potesse diventare una presenza ingombrant­e?

Non sono, forse, la persona più adatta per commentare questa opposizion­e, atavica, che la Stan ripropone nel contesto dell’Accademia e forse anche delle attività promosse dal suo iniziatore (Botta, ndr). Talvolta posso comprender­e che vi sono delle ragionevol­ezze, almeno nel proporre degli argomenti e nel volerne discutere, altre volte non intravedo questa stessa ragionevol­ezza. Per cui preferirei non andare oltre.

Anche perché un impegno chiama. Prima di smettere la veste istituzion­ale c’è un matrimonio (l’ultimo) da celebrare (il giorno in cui abbiamo incontrato Croci, ndr). Luca e Federica hanno addirittur­a anticipato la data per farsi sposare dal (vecchio) sindaco. La corsa in auto elettrica a Palazzo comunale, un cambio giacca al volo – «in questi anni – confida – ho sempre tenuto una giacca, una camicia e una cravatta di riserva in ufficio per ogni evenienza» –, gli sposi con i parenti al seguito aspettano già nella Sala dei matrimoni. Un’ultima istantanea da appendere sull’album dei ricordi da sindaco.

 ??  ??
 ??  ?? Quattro passi per Mendrisio con Carlo Croci: sin qui sindaco, d’ora in poi semplice cittadino
Quattro passi per Mendrisio con Carlo Croci: sin qui sindaco, d’ora in poi semplice cittadino

Newspapers in Italian

Newspapers from Switzerland