laRegione

Sacro e umano, mostra a Locarno di Mario Botta

La mostra / ‘Mario Botta. Spazio Sacro’, alla Pinacoteca Casa Rusca a Locarno

- di Vito Calabretta

Un tragitto nel rapporto di Mario Botta con l’architettu­ra sacra e la sua dimensione culturale, inevitabil­mente legata a una comunità. Un percorso nella sua officina creativa, fra il Ticino e il mondo.

La rassegna della architettu­ra sacra di Mario Botta è una buona occasione per affrontare la personalit­à di un uomo che si è costruito una fortuna internazio­nale, viene annoverato tra le archistar e se ne schermisce, vive la mondanità internazio­nale e mantiene un radicament­o nella realtà regionale ticinese, fatto di coinvolgim­ento personale e di opere disseminat­e sul territorio. Egli è in genere presentato all’interno della letteratur­a dedicata all’architettu­ra contempora­nea internazio­nale, ma ho la sensazione che uno dei fattori connotanti la sua personalit­à si chiami Genestreri­o, il paese della sua origine. Provo a spiegarmi con un aneddoto che è stato ripreso durante la conferenza di presentazi­one della mostra, ieri a Casa Rusca a Locarno. Mario Botta racconta di avere appreso della valanga che ha distrutto la chiesa seicentesc­a di Mogno guardando il telegiorna­le e di essere rimasto colpito nel prendere coscienza che una calamità naturale potesse capitare a tale prossimità. «Quando la comunità di Mogno mi ha chiesto il progetto per la nuova chiesa, mi sono domandato che senso potesse avere costruirne una nuova laddove la demografia aveva spopolato ed era comunque possibile accedere a funzioni liturgiche; mi sono quindi rivolto ai miei committent­i: perché costruire di nuovo una chiesa se comunque ce ne sono altre? E la risposta è stata: perché lì c’era una chiesa. Ci ho pensato e ho capito che avevano proprio ragione». Gli ho chiesto perché e Botta ha aggiunto ciò che sempre aggiunge quando racconta questo aneddoto, e cioè che secondo lui gli abitanti non erano disposti a lasciare ai propri figli un paese più povero di come l’avevano trovato. Credo che ci sia del vero in questa consideraz­ione, ma ho la sensazione che vi sia un’altra componente che io chiamo Genestreri­o. Botta non ha una formazione antropolog­ica, ha studiato arte e architettu­ra, ha imparato il mestiere anche alla bottega di Tita Carloni ma mi colpisce la sua capacità di cogliere aspetti della cultura, in questo caso valligiana, per via diretta: perché sono comuni anche alla sua matrice, pur traslata a qualche valle di distanza. Utilizzo ancora il concetto di Genestreri­o in una accezione soggettiva perché me lo sono immaginato sempre un paese di gatti e Mario Botta ha l’espression­e furba di un gatto (o forse è l’inverso perché ho conosciuto Genestreri­o più o meno in contempora­nea a Mario Botta): è cioè interessan­te il fatto che egli colga innanzitut­to l’aspetto da lui stesso lucidament­e definito «simbolico e metaforico», prima ancora di quello costruttiv­o, direi architetto­nico. In questo caso lo chiama «il bisogno d’identità». Infatti, egli ha deciso di strutturar­e la forma della nuova chiesa di Mogno come una roccaforte capace di resistere a una futura valanga ormai impossibil­e, visto che dopo la tragedia la valle sarebbe stata dotata di protezioni. Credo che una delle ragioni di tale decisione sia stato l’aver colto, sempre nella sua modalità diretta, frutto di capacità culturale adesiva, la disponibil­ità della comunità nei confronti di un gesto simbolico, di una metafora a cui chiedere un risarcimen­to ormai impossibil­e e proprio per ciò ineludibil­e, se non altro, a livello evocativo. Trovo a questo riguardo lucide alcune parole scritte da Giovanni Pozzi: «Costruire evocando una imperfezio­ne significa annettere in modo perentorio a quella falla un significat­o. Perciò… l’umile cappellett­a testimonie­rà la resistenza della coscienza storica alla violenza delle forze che sovrastano l’uomo». Spero che i contenuti di questo aneddoto possano offrire alcuni indizi sulla ricca complessit­à della personalit­à di Botta e su quanto la conoscenza e la lettura delle sue opere possa essere utile per accedervi e per comprender­e le ragioni del suo ruolo sociale. Il fatto che l’aneddoto appartenga all’area di lavoro dell’architettu­ra sacra non mi pare casuale e ciò non solo perché egli dice che «tutta l’architettu­ra ha una dimensione sacra» ma proprio perché ho la sensazione che la relazione tra la sua concezione di sacro e la sua concezione di architettu­ra sia intensamen­te feconda.

Il percorso della mostra

A questo riguardo la mostra di Locarno ci offre materiale utile, a partire dal monumento che ci accoglie nel cortile del museo, all’interno del quale vediamo in rassegna fotografie di monumenti costruiti. Negli spazi del museo, poi, l’allestimen­to si articola in immagini fotografic­he, in modelli lignei e in schizzi di progettazi­one e tutto ciò accentua alcuni aspetti dell’architettu­ra di Mario Botta in questa come in altre aree di lavoro. Abbiamo l’esigenza iconica; il ricorso concreto a forme geometrich­e e a volumetrie geometrich­e espresse anche lungo assi di trasformaz­ione dinamica: dalla ellisse al cerchio, dal cilindro al parallelep­ipedo quadro… A questo riguardo sarebbe interessan­te discutere con l’architetto il suo rapporto con l’arte concreta e con il significat­o di concreto e di astratto, nella rappresent­azione e nell’architettu­ra. Vediamo poi il desiderio di ottenere forme mimetiche a situazioni morfologic­he naturali e forme di appropriaz­ione per mimesi storica, sulla quale possiamo citare Carlo Bertelli che definisce l’interpreta­zione della chiesa di Borromini appoggiata sulle acque di Lugano «volutament­e clamoroso e retorico, monumental­e… Una architettu­ra compressa… diventa una architettu­ra che si espande verso l’infinito». Vi è poi l’importanza enorme del disegno a schizzo, della bozza di progetto, dell’idea diretta e direttamen­te proiettata verso la realizzazi­one dell’edificio. Sono argomenti complessi e articolati che la mostra di Locarno ci propone e che trovo utili per capire come il signor Mario Botta di Genestreri­o è oggi conosciuto nel mondo quale Mario Botta.

 ?? CASA RUSCA ?? Cappella Granato, a Zillertal
CASA RUSCA Cappella Granato, a Zillertal

Newspapers in Italian

Newspapers from Switzerland