‘Così è fuori controllo’
Questa volta non si tratta di uno scandalo passeggero. È invece una crisi esistenziale quella che Facebook deve fronteggiare dopo lo scoppio dell’ultimo scandalo: il suo stesso modello di business è in discussione insieme alla possibilità di continuare a
“Abbiamo la responsabilità di proteggere i vostri dati e, se non riusciamo a farlo, allora non meritiamo di essere al vostro servizio”, ha detto il fondatore e Ceo di Facebook Mark Zuckerberg lo scorso mercoledì, promettendo di risolvere i problemi che hanno portato allo sfruttamento dei dati di 50 milioni di ‘amici’ americani per la campagna elettorale di Donald Trump. Ma molti utenti hanno già deciso che non si fidano di lui e hanno aderito alla campagna #DeleteFacebook, ‘Cancella Facebook’. Non si può sapere per ora quanti siano usciti dal social network, ma la tendenza preoccupa sia Zuckerberg sia gli investitori. “Il maggior problema è se #DeleteFacebook porterà a un calo degli utenti e alla scelta di investire i dollari di pubblicità altrove – hanno commentato gli analisti di Barclays –. La reazione negativa del pubblico può danneggiare anche la capacità di Facebook di arruolare ingegneri di talento”.
Il cuore del business in crescita continua
Sapere tutto sui propri utenti, convincendoli a usare la piattaforma il più spesso possibile e a condividere una enorme quantità di dati su sé stessi e i loro amici, per poter poi vendere questi dati agli sviluppatori di applicazioni e agli inserzionisti pubblicitari: tutto questo è il cuore del business di Facebook. Che così è cresciuta a un ritmo vertiginoso. Da quando si è quotata in Borsa nel 2012 ha quasi raddoppiato il numero delle persone connesse almeno una volta al mese: ora sono quasi una ogni tre abitanti della Terra. Mentre il fatturato è più che quintuplicato da 7,9 a 40,6 miliardi di dollari e i profitti netti sono più che decuplicati da 1,5 a 15,9 miliardi di dollari.
Autorità di controllo intervenite!
Il fatto è che appare praticamente impossibile per Facebook monitorare completamente come gli sviluppatori di app e i pubblicitari impieghino i suoi dati. Per questo si moltiplicano gli appelli all’intervento delle autorità di controllo. “I problemi di Facebook sono strutturali – ha scritto sul ‘Wsj’ Paul Bergevin, veterano della comunicazione nel settore high-tech, ex Ibm e Intel –. Nella ricerca della crescita del fatturato non ha incentivi a denunciare il contenuto degli impostori.
L’alternativa? Secondo l’‘Economist’ potrebbe essere pagare gli utenti per i loro dati o farli pagare per usare le piattaforme senza pubblicità.
Le autorità di controllo avranno l’ultima parola, in particolare perché Facebook sta trattando gli attuali problemi come una crisi di pubbliche relazioni invece che una minaccia al suo modello di business”. Secondo Bergevin Facebook deve anche smetterla di pretendere di non essere una media company: “Se non si assume le responsabilità di un editore verificando l’identità degli utenti, filtrando i contenuti pubblicati e affrontando la questione dei post con ‘fatti’ speciosi o provocatori, Facebook deve aspettarsi interventi dall’esterno. Così com’è, Facebook è fuori controllo e non può durare”. La risposta fornita finora da Zuckerberg è giudicata insufficiente da parecchi esperti. “È ora che prenda il suo posto Sheryl Sandberg, la responsabile operativa di Facebook: comunica meglio ed è un leader migliore”, ha detto Jason Calacanis, investitore nel settore high-tech.
‘Può vincere solo se perde in fretta’
“Zuckerberg deve inginocchiarsi. Dev’essere convincente. Può vincere solo se perde in fretta”, ha twittato Jeff Macke, ex responsabile della finanza a Yahoo!, evocando il rischio che Facebook ripeta
Un brutto momento per Mark Zuckerberg
gli errori di Microsoft, quando nel 1998 fu accusata dal ministero della Giustizia Usa di pratiche monopolistiche: “Spese così tanto tempo e risorse per cercare di sconfiggere le autorità americane e Netscape da non accorgersi dell’emergere di Apple” e così le sue azioni rimasero al palo per dieci anni.
‘Scandalo che accelera la fine’
Più drastico è Scott Freeze, manager dell’Etf Fng specializzato nel settore nuove tecnologie e media: “Qualsiasi piattaforma di social media prima o poi è destinata a sparire come MySpace. Nessun giovane oggi usa Facebook. Lo scandalo di Cambridge Analytica accelera la sua fine”. I primi segni di un declino dell’appeal di Facebook verso i giovani erano già apparsi prima d’ora: nel 2017 aveva perso 2,8 milioni di utenti sotto i 25 anni negli Stati Uniti e ne perderà altri 2 milioni quest’anno, secondo stime di eMarketer precedenti all’attuale scandalo. Inoltre per la prima volta nell’ultimo trimestre 2017 il numero degli utenti attivi ogni
giorno in Nord America, il mercato che fa tendenza, era calato di 700mila unità a 184 milioni.
‘Web trasformato in arma di massa’
Uscire da questa crisi non sarà semplice per Facebook. L’inventore del world wide web Tim Berners-Lee l’accusa di essere, insieme agli altri giganti di internet, protagonista di una concentrazione di potere che “ha reso possibile trasformare il web in un’arma di massa”. Ma secondo lui è un mito che la pubblicità sia l’unico modello di business delle internet company, così come l’idea che sia troppo tardi cambiare il modo in cui i social media operano. Quindi Berners-Lee ha fatto appello in un blog alle “menti più brillati nel business, nella tecnologia, nell’amministrazione pubblica, nella società civile, nelle arti e nell’accademia per affrontare le minacce al futuro del web” e trovare un’alternativa. Che secondo l’‘Economist’ potrebbe essere pagare gli utenti per i loro dati o farli pagare per usare le piattaforme senza pubblicità.