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Fed, quale via a medio termine?

In una Washington chiusa per neve, durante il primo giorno di primavera, c’è qualcuno che ha lavorato comunque. È il caso di Jerome Powell, presidente della Federal Reserve, che ha presenziat­o al suo primo meeting incrementa­ndo il tasso d’interesse princi

- Di Fabrizio Goria

Ma lo ha fatto all’interno di una Fed praticamen­te dimezzata. Non per via del maltempo che ha colpito la capitale americana, bensì perché dei sette membri del board erano solo in tre. Gli altri devono infatti ancora essere nominati dal presidente Donald Trump. Sotto una nevicata copiosa, il Federal open market committee (Fomc), cioè l’organo decisional­e della Fed, ha deciso per quello che tutti gli operatori finanziari si aspettavan­o. Vale a dire, la continuazi­one delle operazioni di drenaggio della liquidità post Lehman Brothers. Una scelta, appoggiata con forza da Powell, in piena accordanza con quanto fatto dal suo predecesso­re, Janet Yellen. E supportata in toto dall’intero Fomc, nessuno escluso. “Le condizioni generali dell’economia americana si sono rafforzate negli ultimi mesi”, spiega la nota. Ed è quello che diceva Powell da settimane

sia in privato sia in pubblico, di fronte al Congresso. La sfida più grande è però comprender­e quale sarà il percorso da intraprend­ere nel medio termine. Nel novero dei membri votanti della Fed per il 2018, i più propensi ad accogliere come valida l’ipotesi di Powell sono stati due: Raphael Bostic e John Williams, rispettiva­mente presidenti delle Fed di Atlanta e San Francisco. Secondo loro, così come per Powell, l’economia statuniten­se è solida, sebbene vi siano ancora sacche di disoBarkin mogeneità in alcuni distretti. Il tasso occupazion­ale è a un buon livello, così come l’inflazione è sotto controllo. Entrambi hanno convinto uno storico falco, Loretta Mester della Fed di Cleveland, che i dati odierni, specie riguardo a occupazion­e e inflazione, garantivan­o un rialzo dei tassi senza ripercussi­oni su mercati finanziari ed economia reale.

Battaglia sulle tariffe delle materie prime e maggior costo del denaro

Entrambi, Bostic e Williams, però pensano anche che la battaglia commercial­e iniziata da Trump sulle tariffe sulle materie prime rischia di smorzare l’esigenza di incrementa­re il costo del denaro. Se così fosse, ha spiegato Bostic la settimana antecedent­e alla riunione della Fed, il pericolo è che si possano creare bolle su alcune classi di asset. «L’ultima cosa che si vuole è un conflitto fra dogane e Paesi, che non gioverebbe a nessuna parte in questo caso», spiega dietro anonimato un alto funzionari­o della Fed. C’è la consapevol­ezza che l’attuale politica economica statuniten­se potrebbe essere un boomerang. Impenetrab­ile invece il pensiero di Thomas Barkin, presidente della Fed di Richmond. Barkin, ex McKinsey, parla poco, non rilascia interviste, e non è chiara la sua posizione sull’economia statuniten­se. Appassiona­to di golf, come Trump, a tal punto da essere membro della Us Golf Associatio­n, si dice un pragmatico. E questo lascia intendere che potrebbe decidere secondo coscienza, o interesse, a ogni meeting. Alla prima riunione ha votato con Powell, ma Barkin è visto dagli osservator­i come il cane sciolto di questa Fed. Guarda i dati, ma non solo.

Problema tariffe

Il problema, per Powell e per tutta la Fed, potrebbe però arrivare nel medio termine. Sebbene sia elevato l’ottimismo sul piano fiscale, così non si può dire riguardo alle tariffe. Per adesso, il rapporto tra Powell e il segretario del Tesoro Steven Mnuchin, uno dei pochi dell’amministra­zione Trump a restare al suo posto dall’insediamen­to del miliardari­o newyorkese, è positivo. Non idilliaco, ma nemmeno pessimo. Mnuchin rispetta Powell e viceversa. Le maggiori preoccupaz­ioni di Powell, e della Fed, riguardano la politica commercial­e, considerat­a dai policymake­r della banca centrale americana “troppo rischiosa”. Ed è proprio su questo che potrebbero esserci le prime frizioni di una certa rilevanza. Attraverso l’esonero dalle proprie mansioni di Gary Cohn, direttore del National economic council, Trump ha dato un segnale chiaro. Cioè che la guerra commercial­e si farà. E Powell dovrà farsi trovare pronto. Nonostante l’attuale dimezzamen­to della Fed. Nonostante un Mnuchin sempre più poco vicino alla Fed, dato che non vuole perdere il posto.

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KEYSTONE Jerome Powell

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