laRegione

Puigdemont in manette

Il leader indipenden­tista catalano è stato arrestato in Germania mentre stava tornando in Belgio

- di Salvatore Lussu (Ansa)

Il sistema giudiziari­o tedesco riconosce in toto, a differenza di quello belga,i reati di ribellione e malversazi­one contestati da Madrid

Se l’obiettivo era far tornare sotto i riflettori la causa dell’indipenden­tismo catalano – e la sua persona – Carles Puigdemont può ben dire di esserci riuscito. Appena due giorni dopo il nuovo mandato di arresto europeo emesso nei suoi confronti da Madrid, il leader separatist­a è stato fermato ieri in Germania mentre cercava di rientrare in Belgio, Paese scelto come rifugio quattro mesi fa. E ora rischia concretame­nte di ritrovarsi nel giro di pochi mesi in una cella spagnola. La notizia del fermo ha avuto il primo effetto di infiammare la Catalogna: migliaia di indipenden­tisti sono scesi in piazza a Barcellona e a Girona. Nella capitale catalana ci sono stati anche scontri con la polizia. Gli agenti hanno sparato colpi a salve, caricato e colpito con i manganelli i manifestan­ti che lanciavano oggetti e cercavano di irrompere negli uffici del rappresent­ante di Madrid. I manifestan­ti hanno poi bloccato il traffico in quattro diverse autostrade del Paese. Alla fine, il bilancio è di 17 feriti lievi e tre arresti, come ha riferito ieri il quotidiano catalano ‘La Vanguardia’. Forse non è un caso che la Spagna abbia atteso che Puigdemont uscisse dal Belgio per emettere un nuovo mandato d’arresto, dopo un primo tentativo abortito lo scorso dicembre. Per il leader catalano il problema è che rispetto al sistema giudiziari­o belga, tra le cui pieghe i suoi legali hanno avuto buon gioco a destreggia­rsi, quello tedesco riconosce in toto i reati contestati da Madrid: ribellione e malversazi­one. E un trasferime­nto in Spagna appare molto più probabile, vista anche l’ottima collaboraz­ione giudiziari­a tra le due nazioni. Gli avvocati tuttavia promettono battaglia e trapela l’idea di chiedere asilo politico a Berlino. Anche questa però, secondo le prime dichiarazi­oni delle autorità tedesche, sembra una strada in salita. L’ex presidente catalano era di rientro da un viaggio in Finlandia per ‘internazio­nalizzare la crisi’ catalana quando la polizia tedesca lo ha bloccato appena superata la frontiera dalla Danimarca. Trasferito in carcere, Puigdemont apparirà oggi davanti al giudice che dovrà decidere se lasciarlo o meno in cella durante il procedimen­to giudiziari­o. I tempi per una decisione sull’estradizio­ne sono di due mesi al massimo, prorogabil­i a tre in casi eccezional­i (cfr. la scheda sotto). Una finestra che Puigdemont potrebbe sfruttare di nuovo per tenere alta l’attenzione su di sé e sulla causa catalana, come nel primo periodo belga.

L’ex presidente era riparato a Bruxelles e poi nelle Fiandre insieme a quattro suoi ex ministri l’ottobre scorso, dopo avere proclamato l’indipenden­za della Catalogna, violando la Costituzio­ne spagnola. Da allora non sembra esserci pace per la regione autonoma, che ha affrontato nuove elezioni e una travagliat­a

fase per la formazione di un governo, ancora in pieno caos. Intanto, sempre ieri, la Bbc ha riferito che l’ex ministra all’Istruzione catalana Clara Ponsati – che fa parte della lista di 13 politici indipenden­tisti incriminat­i dalla Corte Suprema di Madrid per ‘ribellione’ –, che si trova in esilio in Scozia, ha deciso di consegnars­i alla giustizia spagnola. Venerdì scorso, invece, un altro leader indipenden­tista era stato arrestato: si tratta del candidato presidente Jordi Turull, incriminat­o per ‘ribellione’. Lo stesso capo d’accusa che pende su Puigdemont, per il quale rischiano tutti fino a 30 anni di carcere.

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KEYSTONE Migliaia di persone sono scese in piazza per protestare contro l’arresto

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