Pausa logica, attesa e necessaria
Perché dovrebbe agire in maniera diversa rispetto alla scorsa stagione, quella culminata con la conquista di due Slam? L’interrogativo è lecito, e la risposta piuttosto semplice: nulla induce Federer e modificare di una virgola una programmazione che si è già rivelata vincente. Non è certo la prima poltrona mondiale, sulla quale tra l’altro potrebbe riaccomodarsi presto senza giocare, a invogliarlo a logorare il fisico sulla terra battuta, superficie che non ne esalta il tennis speditivo, costringendolo a scambi prolungati che non gli sono mai piaciuti, figurarsi ora che è in regime di pre-pensionamento, con sforzi centellinati e agenda svuotata da tutti gli appuntamenti minori e da quelli non ritenuti adatti, come appunto i tornei sul rosso. Se c’è qualcosa che il torneo di Miami ha rivelato, è la stanchezza di Federer, poco reattivo, poco efficace e palesemente non al meglio in senso lato. Chi si è illuso circa la sua partecipazione a Roland Garros e tornei affini, non ha tenuto conto della volontà del basilese di preservare intatto un fisico che intende ripresentare tirato a lucido per gli appuntamenti sull’erba, a partire da metà giugno a Stoccarda, per poi dare l’assalto al nono Wimbledon. Il tutto, a suon di partite brevi, più facili da gestire dal profilo atletico ma anche nervoso. Già, perché negli Stati Uniti, che Roger non fosse del tutto centrato, lo si è potuto evincere anche dalle troppe chiacchiere che si è concesso in campo (a Key Biscaine) e dalla passività mista a rabbia malcelata con cui si è consegnato a Kokkinakis, a Miami. per effetto di una prestazione che lui stesso ha definito bruttissima». È scarico, un po’ nervoso e desideroso di rimettersi in sesto, per nuove e più probanti sfide: logico, quindi, concedersi una pausa. Una lunga pausa. MEL