Mare di plastica
Ogni anno finiscono negli oceani 8 milioni di tonnellate di plastica. In totale, si calcola che oggi ce ne siano 150 milioni di tonnellate. Il grosso viene dai Paesi emergenti di Asia, Africa e America Latina, attraverso una decina di grandi fiumi che riversano in mare tutti i rifiuti non smaltiti adeguatamente. Se si va avanti di questo passo, nel 2050 la plastica nelle acque salate peserà più di tutti gli animali marini messi assieme. I conti li ha fatti l’Unep, il Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente con sede a Nairobi, in Kenya. Il Fiume Azzurro, il Fiume dell’Ovest e l’Huangpu in Cina, il Gange in India, il Cross fra Nigeria e Camerun, il Brantas e il Solo in Indonesia, il Rio delle Amazzoni in America meridionale, il Pasig nelle Filippine e l’Irrawaddy in Birmania, sono responsabili da soli dall’88 al 95% di tutta la plastica trasportata negli oceani dai corsi d’acqua. I Paesi che attraversano stanno crescendo impetuosamente e hanno cominciato a consumare in modo massiccio. Ma non hanno ancora sistemi adeguati di smaltimento e di riciclo dei rifiuti. Quindi la spazzatura di plastica, praticamente indistruttibile, si disperde nell’ambiente. Con le piogge finisce nei corsi d’acqua, e da qui raggiunge il mare. Le associazioni ambientaliste denunciano ormai da tempo questo fenomeno. Sono decine di migliaia gli animali marini uccisi dalla plastica, il più delle volte fra atroci e lunghissime sofferenze: cetacei, tartarughe, pesci, uccelli, soffocati o strozzati dai sacchetti, dagli imballaggi, dalle reti, dai fili.