Psicologi preoccupati per la retromarcia di Berset
Diciannove miliardi di franchi all’anno. A tanto ammonterebbe il costo per l’economia svizzera dato da disturbi e malattie mentali. Un prezzo enorme, dunque, non solo dal punto di vista sociale ma anche finanziario. L’intervento preventivo e tempestivo, qui come altrove, è fondamentale ma non sempre è possibile attuarlo, soprattutto nelle realtà rurali del Paese dove l’intervento degli specialisti tarda ad arrivare. Da qui la necessità di estendere le prestazioni grazie al supporto degli psicologi. Ma la cosa non è affatto scontata. Anzi. L’allarme è stato lanciato in questi giorni dalla Federazione svizzera psicologhe e psicologi (Fsp), poi “ribattuto” dall’associazione ticinese di categoria. In una nota si lamenta la decisione del Dipartimento federale dell’interno d’interrompere i lavori tesi a permettere il rimborso riconosciuto dalla LaMal delle prestazioni psicoterapeutiche garantite dagli psicologi. Il dipartimento diretto da Alain Berset teme un aumento degli costi sanitari a carico dell’assicurazione di base. La Federazione svizzera dei psicologi ricorda che l’Ufficio federale della sanità pubblica (Ufsp) è stato incaricato di elaborare modelli tesi a garantire il controllo dei costi e il cambiamento in questione concerne unicamente la fatturazione: oggi, col modello di delega, gli operatori del settore coinvolti già fatturano la loro prestazione all’assicurazione di base. E ancora, è lo stesso Ufsp che “ha evidenziato la necessità di intervenire per migliorare la presa a carico dei malati psichici” perché l’attuale modello di delega comporterebbe “lunghi tempi d’attesa e trattamenti inadeguati” si precisa nel comunicato della Fsp. A farne le spese, si aggiunge, sono soprattutto i bambini e gli adolescenti come pure i malati psichici delle regioni rurali perché “spesso chi cerca un terapista deve aspettare varie settimane o addirittura mesi per il primo appuntamento”. Il passaggio al modello della prescrizione – quello appunto sul tavolo della discussione, ora rimosso – avrebbe “permesso di risolvere questo problema”. Ne consegue che secondo gli psicologi “la decisione del Dfi di abbandonare la via finora tracciata è incomprensibile”.