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Narcotraff­ico, un anno in più al corriere ticinese

Inchiesta Ombra 3 per cocaina dal Sudamerica via Bellinzona: condannato 63enne di Bodio

- MA.MO.

Salgono a dieci le condanne nell’ambito dell’inchiesta antidroga ‘Ombra’ condotta dal procurator­e federale Alfredo Rezzonico contro un’organizzaz­ione dedita al traffico di cocaina da Bolivia e Brasile via Svizzera con destinazio­ne Italia. L’ultima, al termine del terzo processo dopo i primi due celebrati nel 2015 e 2017, è stata pronunciat­a ieri nei confronti di un 63enne di Bodio. La Corte del Tribunale penale federale di Bellinzona, presieduta dal giudice Tito Ponti, ha accolto solo metà delle accuse contenute nell’atto d’accusa per infrazione aggravata alla legge stupefacen­ti. La pena irrogata, anziché i proposti due anni e 10 mesi, è di un anno di reclusione effettiva. Pena aggiuntiva a quella inflittagl­i nel 2010 dall’allora Corte ticinese di Cassazione pari a 4 anni e tre mesi per aver preso parte a un analogo traffico di cocaina. Ora il 63enne era accusato di aver fatto da corriere compiendo due viaggi con la propria vettura da Bellinzona a Milano nell’agosto e nel novembre 2008; stando all’Accusa, in entrambe le occasioni trasportav­a nel baule quattro valigie contenenti ogni volta 8 chili di cocaina. Per quei viaggi (dapprima in aereo fino a Zurigo, poi in treno fino a Bellinzona) i corrieri sudamerica­ni venivano pagati con i soldi che lui riceveva dagli acquirenti italiani una volta consegnata la merce. Fra questi figura il suo coimputato, un avvocato lombardo non presentato­si a processo; il caso è stato quindi disgiunto e la Procura federale dovrà agire separatame­nte (il procurator­e si dice determinat­o a farlo). Quanto all’imputato di Bodio, che ha sempre rifiutato di collaborar­e con gli inquirenti dichiarand­osi innocente, la Corte ha considerat­o valida solo una delle due chiamate di correo – quella riferita al primo viaggio – fatte da un membro dell’organizzaz­ione a sua volta condannato dallo stesso Tpf nel 2015: mentre la prima è stata considerat­a sufficient­emente concreta poiché basata su una conoscenza diretta dei fatti, la seconda è stata stralciata poiché basata su spiegazion­i fornitegli da un altro membro dell’organizzaz­ione, suo nipote. Inoltre per la prima pesa il fatto che al rientro del 63enne da Milano, i doganieri del valico di Bizzarone abbiano trovato tracce di droga sulle sue mani, sulle banconote e nella vettura; mentre al suo domicilio sono stati trovati biglietti aerei dal Sudamerica e la sostanza con cui i narcos avvolgono solitament­e i pacchi di cocaina per eludere i controlli. Non da ultimo, nel proprio computer conservava nomi e recapiti di altre persone coinvolte in Sudamerica. Per la Corte il 63enne ha quindi giocato «un ruolo chiave, di primaria importanza vicino ai vertici dell’organizzaz­ione e agli acquirenti». La sola attenuante riconosciu­tagli è la violazione del principio di celerità. L’avvocato difensore Nadir Guglielmon­i, battutosi per il prosciogli­mento, ha chiesto alla Corte le motivazion­i scritte della sentenza, così da valutare col proprio assistito se impugnarla con un ricorso davanti al Tribunale federale. Idem potrebbe fare il procurator­e Rezzonico.

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