Una questione di… cuore
Sono già 1’600 le adesioni al neonato Gruppo di sostegno al Cardiocentro
Allo scoccar dei 25 anni il Cardiocentro passerà, come da convenzione, sotto l’Eoc. Molte le voci ‘preoccupate’ che si stanno alzando. Quali i maggiori motivi?
Era già scritto anni fa, quel 22 dicembre 1995 quando una convenzione sancì la nascita del Cardiocentro Ticino di Lugano. Struttura all’avanguardia in Europa, la si poneva sotto l’egida dell’Ente ospedaliero cantonale una volta trascorsi 5 lustri. Ora che il 2020 si avvicina a passi da gigante in molti esprimono preoccupazioni e interrogativi.
A farsi largo, in queste ultime ore, il neonato gruppo di sostegno ‘Grazie Cardiocentro!’ nel quale si profilano una ventina di persone provenienti da ogni estrazione geografica, professionale o partitica: dal consigliere nazionale Rocco Cattaneo al sindaco di Lugano Marco Borradori, dalla dirigente d’azienda Beatrice Fasana al medico Sergio Arma.
Perché così tanto consenso? Una domanda che abbiamo girato al coordinatore del gruppo Edo Bobbià: «Sono anch’io sorpreso. Dal momento che abbiamo fatto sapere del gruppo sono arrivate 1’200 adesioni spontanee, senza contare le oltre 400 registrate dalla nostra pagina Facebook. Questo a significare che il Cardiocentro non è paragonabile a nessun altro ospedale!». Nessuna dichiarazione di guerra però: «Non abbiamo alcuna intenzione cattiva o polemica nei confronti dell’Ente ospedaliero cantonale. Ci siamo costituiti unicamente per dire: guardate che avete a che fare con un ospedale... un po’ particolare. Noi non vorremmo, infatti, che l’eccellenza sia imbrigliata in strutture e organizzazioni gestite non dalla curiosità scientifica ma da altri parametri. Il Cardiocentro, per poter arrivare a questi obiettivi, deve potersi muovere molto liberamente, anche per le decisioni di investimento».
Salvaguardare l’eccellenza
Una grande adesione riscontrata che il gruppo giustifica come «l’eccellente lavoro svolto dal Cardiocentro. Certo si muore ancora di cuore – non nasconde le statistiche Bobbià – ma il fatto che lo scorso anno 3’000 pazienti e 10’500 ambulanti hanno fatto capo al Cardiocentro dimostra che abbiamo sul nostro territorio una struttura di tale eccellenza che permette alla popolazione ticinese tutta di avere una certa tranquillità anche psicologica».
A scontentare nel vicino futuro soprattutto una modalità: «Vorremmo – evidenzia il coordinatore – che si evitasse un approccio verticistico. Noi temiamo un po’ l’approccio statalista che potrebbe nascondere qualche insidia per il futuro del Cardiocentro. Anch’io ero in Gran Consiglio quando è stato sottoscritto questo contratto ed è stato tutt’altro che facile, Sottoceneri contro Sopraceneri... Nessuno credeva nel dottor Tiziano Moccetti tanto meno nella capacità del Cardiocentro di arrivare ad aver successo. Sono stati tutti smentiti. Non diciamo che oggi non si debba osservare i contratti, ci mancherebbe, però prevedere un’integrazione, una possibilità di trovare delle formule che non sminuiscano questa capacità interna del Cardiocentro rispetto a un appiattimento che di solito è conseguente all’ente pubblico, all’ente sociale».
Forse utopistico? «Lasciamo a chi condurrà le trattative la saggezza di decidere, il gruppo non può dire ‘andate di qua, andate di là’. Bisogna capire cosa intende Pellanda (direttore Eoc, ndr) quando dice ‘lasceremo all’ente una certa autonomia’. Certo, c’è un contratto che porta il Cardiocentro all’ente, ma bisognerebbe saggiamente definire delle linee interne per non imbrigliare l’operato di quello che è stato ed è un successo» rimarca Bobbià. Il ventilato consiglio di istituto potrà aiutare? «Non vogliamo andare al di là di quella che è la trattativa. Confidiamo nella saggezza delle parti: un Cardiocentro che vuole mantenere la sua autonomia e il diritto dell’ente di far rispettare i contratti. Credo che in mezzo ci sia una fascia grigia che potrebbe, nell’interesse di tutti i ticinesi e del futuro del Cardiocentro, risultare percorribile. Se invece trattiamo il Cardiocentro come un ospedale di valle l’approccio è sbagliato».