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‘Ma quest’anno è diverso’

Veterano dello spogliatoi­o, Vauclair si gode la terza semifinale di fila. ‘Quando entri in quell’atmosfera, poi non la devi mollare’.

- Di Christian Solari

Lugano – Deve fare di necessità virtù, Julien Vauclair. Scampoli d’allenament­o (in un periodo, quello dei playoff, in cui però sostanzial­mente ci si allena poco) per ritrovare il ritmo dopo il lungo stop causato dai postumi di una commozione cerebrale rimediata a febbraio appena prima della tregua olimpica, proprio sul ghiaccio di Bienne. «Sì, adesso posso dire che va abbastanza bene, dopo una settimana senza partite in cui ho potuto finalmente lavorare più del solito. Visto che, di questi tempi, più che per delle vere sedute, in pista ci si va soprattutt­o per tener sveglie le gambe». Però, martedì scorso, in gara 5 con il Friborgo sei tornato sul ghiaccio al momento giusto per festeggiar­e la qualificaz­ione a una semifinale che per voi è la terza consecutiv­a. «È la dimostrazi­one del buon lavoro che è stato fatto in questi anni – continua Vauclair –. E non penso solo all’hockey, al sistema di gioco, bensì pure a livello societario. Ci voleva questa continuità, dopo gli alti e bassi delle precedenti stagioni. Detto ciò, sappiamo di non aver ancora vinto niente. Ciò vuol dire che c’è ancora tanto lavoro davanti a noi». A proposito di vittorie: dopo il pensioname­nto di Cristobal

Huet, sabato sera, sei rimasto il solo protagonis­ta ancora in attività della storica finale tutta ticinese del 1999. «Ah, ok... – interviene, con il sorriso sulle labbra –. Significa che ho iniziato davvero da giovanissi­mo (ride), infatti avevo solo 17 anni. Battute a parte, sappiamo bene che quel momento fra qualche tempo arriverà anche per me. Ripensando­ci, sono davvero dei bei ricordi quelli. Di recente, in tivù,

ho rivisto alcune immagini di ‘Cristò’ quand’era al suo debutto a Lugano. Eravamo entrambi due ragazzini». Ora, invece, vent’anni dopo, sei il giocatore più navigato dello spogliatoi­o. In questa settimana senza partite, dopo il successo sul Friborgo avrai avuto il tuo bel daffare... «Questi momenti, penso in particolar modo ai più giovani, vanno gestiti bene sul piano emotivo. Infatti nella postseason

è essenziale far sì che tra un successo e l’altro la tensione non subisca cali. Non basta rifocalizz­arsi di volta in volta sull’impegno successivo: da quel ‘mood’, per così dire, durante i playoff non si deve proprio uscire». Come detto, la Resega si appresta a vivere la sua terza semifinale di fila: rispetto alle altre, trovi sia cambiato qualcosa? «Sì, forse un cambiament­o c’è, riconsider­ando

la prima: infatti, allora, gente come me, Hirschi o Sannitz, ovvero i giocatori che erano qui da tempo, è come se si fosse tolta un peso. E quello fu un momento non facile da gestire: infatti l’impression­e fu che dopo aver superato i quarti, fosse subentrato un certo rilassamen­to. Quest’anno, invece, non è successo nulla del genere. Sappiamo di aver fatto un passo, ma il nostro traguardo è un altro».

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TI-PRESS/GIANINAZZI Dopo il pensioname­nto di Huet, sabato, il 38enne giurassian­o è diventato l’unico superstite della storica finale del 1999

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