L’importanza di introdurre una riforma fiscale
La parola più utilizzata per definire la riforma fiscale presentata dal ministro Christian Vitta è equilibrio. Equilibrio poiché questa riforma: - Cerca di riposizionare (o riequilibrare) la posizione del Cantone Ticino nell’ambito della concorrenza fiscale intercantonale, ad oggi siamo difatti al 22° rango e con la riforma ci si dovrebbe spostare in 16a posizione (sempre che gli altri Cantoni non introducano a loro volta una riforma fiscale); – Non stravolge il sistema e la pressione fiscale, bensì si limita a ridurre il pericoloso squilibrio tra il Ticino e gli altri cantoni svizzeri; – È stata ottenuta grazie alle abilità degne del miglior farmacista, poiché non è stato scontato riuscire a trovare la soluzione che soddisfi la totalità del governo e la quasi totalità del Gran Consiglio; – Presenta misure sia di carattere fiscale, sia soprattutto di carattere sociale con un ammodernamento della politica familiare. Ma ci sarebbe un’altra parola per definire questa riforma fiscale: fondamentale. Fondamentale perché a breve saranno tolte le agevolazioni fiscali concesse alle holding (a beneficio di una tassazione privilegiata) e come Cantone non possiamo restare con le mani in mano, con il concreto e tangibile rischio di incorrere in una delocalizzazione totale o parziale delle aziende verso altri Cantoni fiscalmente più attrattivi. Fondamentale perché in Ticino vi è un’imponente stratificazione sull’imposta sulla sostanza: l’82% dei contribuenti è esente dal pagamento di tale imposta e l’1% dei contribuenti genera il 58% del gettito complessivo. In Ticino l’aliquota massima è tra le più alte della Svizzera (6,8%, ben 5 volte l’aliquota applicata da Cantoni come Nidwaldo, Obwaldo, Svitto e i nostri vicini del Canton Uri). Fondamentale perché è già in atto un’importante perdita di substrato fiscale: l’evoluzione dei 100 principali contribuenti per sostanza imponibile nel periodo 2011-2015 presenta un saldo negativo di 13 partenze con la conseguente perdita di oltre 1 miliardo di franchi svizzeri di sostanza! Il Ticino non può permettersi di restare fermo al palo e – guardando gli altri Cantoni attirare nuovi contribuenti e nuove aziende grazie alle loro politiche fiscali particolarmente attrattive – osservare inerme la perdita di gettito fiscale con conseguenze piuttosto gravi. Sì alla riforma fiscale, perché la perdita di contribuenti facoltosi causerà un’importante riduzione del gettito fiscale complessivo che avrà come conseguenze principali l’aumento della pressione fiscale sul ceto medio (nuovamente…) e la riduzione di importanti prestazioni sociali alla popolazione. Sì alla riforma fiscale, perché le scelte sono poche: se si riducono le entrate, ma si vogliono mantenere invariati i servizi offerti, l’unica possibilità è aumentare le imposte al già citato ceto medio. Oppure, in alternativa, si tira la cinghia riducendo i servizi alla popolazione. E in questo caso si riuscirà? E se sì, che conseguenze si avrà sull’attrattività e il benessere del nostro territorio? Il peso della riforma fiscale sulle finanze cantonali è contenuto e permette di attuare la riforma sociale presentata. Un Cantone senza una politica fiscale al passo con i tempi non ha la minima possibilità di attrarre nuove aziende interessanti e rischia di perdere quelle che oggi risiedono nel nostro territorio. Un Cantone privo di aziende che possano offrire posti di lavoro di una certa qualità, non riesce ad attirare nuovi contribuenti a vivere e lavorare. Anche i giovani ticinesi che oggi studiano oltralpe ne rimarrebbero scottati, avendo molte meno chances di trovare un posto di lavoro attrattivo in Ticino ma dovendo, giocoforza, optare per la Svizzera tedesca e francese. Il rischio quindi è che, in assenza di una riforma fiscale equilibrata, si avvii un vortice negativo che coinvolga tutto il Cantone e tutta la cittadinanza indistintamente dal ceto di appartenenza. Speriamo che la popolazione ticinese scongiuri questo pericolo e sostenga con convinzione la riforma fiscale equilibrata e fondamentale.