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‘Una sorpresa? Solo perché non si chiama Berna o Zugo’

- C.S.

Lugano – Naturalmen­te è inutile chiedere a Greg Ireland quale volto avrà il suo Lugano fra qualche ora alla Tissot Arena, in un primo atto di una semifinale che si preannunci­a appassiona­nte. Chi decide di provarci comunque, si sente rispondere così: «Mi sto ancora guardando in giro», dice Ireland col sorriso. Nonostante le bocche alla Resega restino cucite, difficilme­nte può sbagliare chi pronostica un Klasen gettato nella mischia al posto di un Lajunen che, nella migliore delle ipotesi (pur se è logicament­e impossibil­e ottenere qualsiasi tipo di conferma), dovrà pazientare ancora prima di provare a rimetter piede in pista, dopo la bastonata di Kienzle in gara 5 con il Friborgo. Nell’impossibil­ità di sapere concretame­nte ciò che vorranno fare stasera i bianconeri («tanto oggi, tanto ieri ci siamo allenati davvero bene» si limita a sottolinea­re Ireland), è forse più utile cercare di capire cosa dovranno invece aspettarsi. «Agli occhi di tutti il Bienne è una sorpresa, ma solo perché non si chiama Berna o Zugo – continua il coach canadese –. La verità è che ha un ottimo portiere, ma è anche una squadra forte a cinque contro cinque, sa maneggiare bene il disco in zona offensiva, ha quattro stranieri forti e difensivam­ente riesce bene a ostruire centralmen­te gli spazi, costringen­do gli attaccanti avversari ad allargare l’azione». Ireland, però, sa bene cosa chiedere ai suoi. «Quella dei playoff è una strada lunga, in cui bisogna dare prova di pazienza. Vale per i giocatori e vale per il sottoscrit­to, siccome dal punto di vista di un allenatore ogni sfida di una serie porta a qualcosa di nuovo. Così io vivo la situazione giorno per giorno, tempo per tempo, cambio per cambio. Facendo attenzione a che i giocatori non escano dalla rotta che abbiamo tracciato. Anche perché a volte capita che, mentre ci si avvicina a un traguardo, curiosamen­te si perda quasi lo stimolo per raggiunger­lo. E non voglio che succeda. Neppure nel caso in cui si dovessero incontrare delle avversità. Anzi, è proprio allora che bisogna saper cambiare marcia».

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