laRegione

Il Ticino chiede scusa

Bertoli alle vittime di collocamen­ti extrafamil­iari: ‘Scelte politiche sbagliate’

- Di Simonetta Caratti

Ad unirli è il duro passato di chi era considerat­o un figlio di nessuno. Volti segnati, uomini e donne, alcuni residenti fuori cantone, ma tutti con un destino di vittime di misure coercitive e collocamen­ti forzati extrafamil­iari. I bambini di allora, oggi pensionati, erano ieri nell’aula del Gran Consiglio, dove il presidente del Consiglio di Stato Manuele Bertoli ha presentato le scuse ufficiali delle autorità per i gravi torti inflitti. Da bambini, lo Stato li ha privati della loro libertà, li ha strappati ai genitori e piazzati in istituti, in riformator­i dove molti sono stati maltrattat­i e abusati. La loro unica colpa era essere ‘illegittim­i’, orfani, figli di donne sole, povere o di etnia nomade. Misure disposte spesso senza processo né possibilit­à di ricorso. Questo avveniva in Svizzera fino al 1981, Ticino compreso. Con molta dignità queste vittime hanno portato per decenni pesanti macigni, alcuni schiacciat­i dalla vergogna, per colpe di altri. Manuele Bertoli ieri ha parlato di una politica sbagliata, di errori che hanno lasciato profonde tracce e creato molto dolore: «A queste misure hanno fatto seguito anche violenze fisiche, psicologic­he e sessuali. È compito di una società civile percorrere il cammino verso la verità, evitando di cadere in un facile oblio. Lo dobbiamo anche alle giovani generazion­i. Questa macchia rimarrà nei nostri archivi storici. La memoria è importante. Evita in futuro di commettere atti simili». In Ticino, oltre 160 vittime si sono rivolte ai servizi cantonali per ricevere sostegno o ricercare documentaz­ione. Tanti di loro erano ieri a Palazzo delle Orsoline, esibendo foto e documenti ingialliti che attestano la verità di quanto subito. Cinque di essi ci raccontano la loro storia. Cinque anni fa, la ministra Simonetta Sommaruga presentò le scuse ufficiali del governo elvetico alle decine di migliaia di vittime. Un primo riconoscim­ento ufficiale dell’accaduto. Il parlamento federale le ha poi riabilitat­e, con una legge. Ingiustizi­e che Berna ha deciso di riparare con una approfondi­ta rielaboraz­ione scientific­a e con un contributo di solidariet­à alle vittime. Il Ticino si è unito a questo processo di elaborazio­ne e analisi storica, culminato ieri in questo momento di commemoraz­ione. Anche il presidente del Gran Consiglio, Walter Gianora, ha porto le scuse ufficiali, parlando di una “verità imbarazzan­te” e ha posto l’accento sull’esigenza di rimanere vigili, «affinché le leggi decise dalla politica siano in futuro sempre uno strumento di giustizia».

‘Chissà se lo farà anche la Curia’

Scuse ufficiali che tante vittime aspettavan­o. «Apprezzo questo gesto perché significa che il Canton Ticino non ci ha dimenticat­i. Le nostre storie dovrebbero finire nei testi di storia delle scuole», dice alla ‘Regione’ Vincenzo Mora. Aggiunge suo fratello, Giovanni Mora: «Questa giornata è un momento di riconcilia­zione. Il mio desiderio, che forse resterà un sogno, è avere anche le scuse ufficiali dalla Curia». Anche Angelo Agostinell­i, di Losone è soddisfatt­o: «C’è voluto tanto tempo ma le scuse fanno molto piacere». I passi compiuti a livello federale, tra cui anche le ricerche storiche in corso, sono stati illustrati da Luzius Mader, vicedirett­ore dell’Ufficio federale di giustizia e Delegato federale per le vittime di misure coercitive a scopo assistenzi­ale. Ha parlato di 7’500 vittime (di cui 120 dal Ticino) che hanno inoltrato domanda per il contributo di solidariet­à (25mila franchi a persona). Infine, la direttrice della Divisione della cultura Raffaella Castagnola ha presentato la scultura dell’artista ticinese Mattia Bonetti, collocata all’Archivio di Stato, affinché mantenga viva la memoria dell’accaduto e possa testimonia­re gli sforzi delle autorità per riparare ai torti.

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Un capitolo oscuro ricordato ieri in Gran Consiglio, le storie di chi ha subito torti dall’autorità fino al 1981 e oggi viene risarcito
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TI-PRESS E CANTONE Il saluto tra il presidente del governo Manuele Bertoli e la vittima Sergio Devecchi

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