L’Onu dalla parte di Puigdemont
Madrid – Qualcuno in Spagna ha avuto troppa fretta di festeggiare l’arresto in Germania di Carles Puigdemont. Ieri, la Commissione dei diritti umani dell’Onu ha ammesso il ricorso dell’ex presidente catalano contro Madrid, che accusa di avere violato i suoi diritti politici; mentre 40 eurodeputati lo hanno proposto per il Premio Sakharov 2018; e la giudice tedesca che lo ha sentito lunedì nell’atto di convalida ha scritto che la richiesta di estradizione “potrebbe essere respinta”. Nulla è deciso, dunque, nemmeno la liberazione di Puigdemont, che ieri si è dichiarato “prigioniero politico”, e per la cui liberazione sono state inscenate nuove manifestazioni in Catalogna. Il dibattito in Germania riguarda in sostanza l’accusa di “violenza” mossa a Puigdemont e agli altri leader catalani. Il reato di ribellione – che in Spagna potrebbe costare loro fino a 30 anni di carcere – implica infatti una “sollevazione violenta”. Che in Catalogna non c’è stata. Il teorema del giudice spagnolo che ha incriminato e arrestato i leader catalani, criticato da molti giuristi, è a sua volta ora sotto processo davanti ai giudici tedeschi che potrebbero bocciarlo, ha osservato l’analista Enric Juliana. “La chiave della decisione tedesca è se ci sia stata o meno violenza”, ha scritto il quotidiano barcellonese ‘La Vanguardia’. Un’ipotesi per la stampa tedesca è che venga concessa l’estradizione solo per l’accusa minore di malversazione di fondi pubblici, usati per il referendum del primo ottobre. In questo caso Madrid non potrebbe processare Puigdemont per “ribellione”. In Catalogna, infine, la parola passa al Parlamento, convocato d’urgenza. Il fronte indipendentista vuole riaffermare il diritto di Puigdemont a essere rieletto presidente della Catalogna nonostante il veto della Spagna.