Due anni (sospesi) alla ‘donna d’onore’
’Ndrangheta, condannata la 47enne titolare del conto alimentato con il narcotraffico
Quel conto bancario – denominato Adamo – era nutrito dai proventi della criminalità organizzata, segnatamente la ’ndrangheta. Un miliardo delle vecchie lire, inizialmente, frutto soprattutto del narcotraffico messo in piedi negli anni ’80 e ’90. La titolare di ‘Adamo’ Antonella Di Nola – (ex) moglie di Domenico Martino, esponente della cosca ’ndranghetista nel Nord Italia insieme ai fratelli Giulio (il boss) e Vincenzo – doveva «per lo meno presumere che i soldi del conto provenissero da un crimine». A questa conclusione è giunta la Corte del Tribunale penale federale presieduta dal giudice Giuseppe Muschietti la quale, ieri a Bellinzona, ha condannato la donna a due anni di detenzione sospesi condizionalmente per un periodo di prova di due anni. Riciclaggio di denaro e falsità in documenti: sono questi i reati di cui si è macchiata la 47enne. Tutto, come detto, ruotava attorno ad ‘Adamo’, il conto aperto dalla donna che, tra gennaio e agosto 1995, è stato alimentato con oltre un miliardo di lire. Cifra che, è stato ribadito ieri in aula, difficilmente si sarebbe potuta giustificare con i risparmi del marito derivanti dall’autolavaggio di cui era proprietario. Per la Corte, che ha in sostanza abbracciato la tesi accusatoria del procuratore federale Stefano Herold – la donna, difesa dal legale Gabriele Banfi, si è prestata per consentire all’organizzazione di ripulire il denaro ‘sporco’. Soldi in seguito andati persi e recuperati a distanza di anni grazie all’appoggio di Franco Longo (uomo di fiducia della ’ndrangheta in Svizzera) e dell’ex fiduciario nonché ex municipale di Chiasso Oliver Camponovo. Entrambi già comparsi alla sbarra e condannati dallo stesso tribunale, il dicembre scorso a cinque anni e mezzo di carcere per organizzazione criminale e riciclaggio di denaro (il primo), rispettivamente 3 anni parzialmente sospesi per riciclaggio di denaro (il secondo). Ed è proprio attorno alla ricerca di ‘Adamo’ e al suo ritrovamento che arriva – come spiegato dal giudice – «la goccia che fa traboccare il vaso». Nel maggio del 2012, infatti, l’imputata ha visitato la banca dov’è ricomparso il conto cifrato e dà ordini precisi in merito a pagamenti da non effettuare, e preleva inoltre 30mila euro. Il tutto, ha sottolineato la Corte – confermando nuovamente «di essere la proprietaria economica degli averi in conto».
La difesa non ci sta
«Al 99,9% ricorreremo contro questa sentenza» ha commentato a margine della lettura del dispositivo il legale della 47enne Gabriele Banfi. Per la sua assistita, durante l’arringa, Banfi si era infatti battuto per il proscioglimento definendo la donna la «tipica povera donna del Sud» sottomessa agli uomini di casa. Di diverso avviso l’accusa che, tramite la requisitoria del procuratore federale Stefano Herold, aveva chiesto una pena detentiva di due anni e sei mesi (non opponendosi ad un’eventuale sospensione parziale). SLI