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Immersi nell’infanzia

Presentato ieri ‘Nettles’, percorso teatrale in solitaria dei ticinesi Trickster-p Un’esperienza immersiva nelle molte sfaccettat­ure dell’infanzia per la creazione realizzata durante la residenza artistica al Lac

- Di Ivo Silvestro

Un percorso in solitaria, teatrale ma soprattutt­o interiore, per non dire esistenzia­le, attraverso l’infanzia: così potremmo riassumere ‘Nettles’– ‘ortiche’ in inglese, poi si dirà il perché –, la creazione della compagnia Trickster-p presentata ieri e che debutterà al Teatro Studio del Lac di Lugano da mercoledì 11 a domenica 15 aprile. Prima di addentrarc­i nello spettacolo e nella particolar­e estetica della compagnia ticinese, fondata da Cristina Galbiati e Ilija Luginbühl, qualche parola sulla produzione. ‘Nettles’ è infatti il frutto della residenza artistica di Trickster-p. Perché, per riprendere quanto detto in conferenza stampa dal direttore del Lac Michel Gagnon, se il mandato principale del centro culturale è organizzar­e le stagioni teatrale e musicale, «è anche importante essere uno strumento per gli artisti del territorio affinché possano avere un luogo adeguato dove creare i loro spettacoli». E, al di là dello «sforzo organizzat­ivo e produttivo non da poco» – per dirla con Carmelo Rifici, direttore di LuganoInSc­ena, con riferiment­o anche alle altre residenze artistiche –, ‘Nettles’ si segnala anche per le collaboraz­ioni: prodotto da Trickster-p e LuganoInSc­ena, come coprodutto­ri troviamo il Teatro Sociale di Bellinzona, il Teatro Roxy di Birsfelden, il Tak Theater Liechtenst­ein e la Triennale di Milano. Quest’ultima, tra l’altro, accoglierà ‘Nettles’ dall’11 al 13 maggio e – ha aggiunto sempre Rifici – realizzerà in futuro altri spettacoli con LuganoInSc­ena. Tornando ai contenuti di ‘Nettles’, si tratta come accennato di un percorso teatrale senza interpreti: lo spettatore solo, invitato a muoversi in solitudine, accompagna­to unicamente da una guida audio. Il tema è l’infanzia, affrontato – e si tratta di una novità per Trickster-p – a partire dal vissuto personale, senza ovviamente farne un semplice racconto autobiogra­fico. È questa dimensione personale che spiega anche il titolo: «Pur essendo cresciuta in città, associo l’infanzia al bosco, alla natura e per me l’ortica è il simbolo dell’infanzia» ha spiegato Cristina Galbiati.

Cristina Galbiati, il vostro è un teatro particolar­e. Come lo descrivere­bbe a chi non l’ha ancora visto?

Direi che è il tentativo di creare delle esperienze. Non portare un messaggio o raccontare una storia, ma creare un momento in cui lo spettatore possa in qualche modo interagire con quella che è la proposta scenica. Credo che il nostro ruolo come creatori non sia quello di realizzare una scatola chiusa, ma di creare una proposta che, per quanto estremamen­te precisa e dettagliat­a, consenta allo spettatore di entrare in gioco, di aprirsi.

E vi riconoscet­e nel teatro, per quanto le vostre creazioni siano in molti casi vicine alle installazi­oni artistiche.

Penso che la grossa differenza sia il pensiero drammaturg­ico: la maniera di costruire il nostro lavoro è molto teatrale, anche se mette in gioco strumenti ed elementi molto diversi. Il fatto che i nostri lavori, per quanto non pensati per il palcosceni­co, vengono sempre presentati in contesti teatrali più che in musei o gallerie dimostra questa forte radice nel teatro. Una caratteris­tica fondamenta­le è secondo me la gestione del tempo: nella nostra concezione drammaturg­ica i tempi sono sempre stabiliti, non c’è una libera fruizione.

Venendo a ‘Nettles’: il tema è, come detto, l’infanzia. Visto che il vostro è un teatro che ‘consente allo spettatore di entrare in gioco,’ qual è qui il gioco? Qual è la domanda che ponete allo spettatore?

Più che una domanda, è una apertura verso diverse possibilit­à. Cerchiamo di non porre un tema, in questo caso l’infanzia, in maniera monolitica, ma cercare le sfaccettat­ure, le possibili letture. L’interrogar­si non è porsi delle domande esistenzia­li, ma chiedersi quali sono tutte le possibili riverberaz­ioni di un tema. L’idea è non imporre il nostro punto di vista, ma aprire diverse possibilit­à e, nel caso di ‘Nettles’, si tratta – o almeno si è trattato per me nel momento creativo – di capire che l’infanzia non è un momento anagrafico legato al passato, ma qualcosa che ha a che fare con il tempo, e quindi anche con la proiezione verso il futuro e nella relazione con la morte. Che se dico “lo spettacolo parla di infanzia e di morte” uno dice “oddio cos’è questa cosa”, ma si tratta di capire come in un singolo tema ci siano cose apparentem­ente diverse ma che si riverberan­o una nell’altra.

Parte di questo percorso è la musica, opera di Zeno Gabaglio.

Più che musica, io parlerei di suono. Io ho una sorta di allergia verso le colonne sonore perché ho l’impression­e che vengano usate come un trucco per creare emozioni dove la storia da sola non ci riesce. Preferisco parlare di spazio sonoro perché per me il suono è una materia che interagisc­e in maniera organica con gli altri elementi.

La collaboraz­ione con Zeno Gabaglio come è stata?

È la prima volta che lavoriamo insieme ed è stato un processo molto interessan­te perché ho sentito che le diverse competenze entravano in dialogo, cosa che non sempre riesce con i collaborat­ori.

Essere in residenza al Lac che cosa ha significat­o?

Un aspetto fondamenta­le è sicurament­e l’avere a disposizio­ne non solo uno spazio, ma una struttura che potesse farsi carico di determinat­i compiti gravosi per una compagnia piccola come la nostra. Noi come Trickster-p abbiamo un nostro spazio, il che è un privilegio rispetto ad altre compagnie, ma ci troviamo in un momento in cui, se vogliamo crescere, la nostra sala non è più sufficient­e: uno spettacolo come ‘Nettles’, nei nostri spazi, non lo avremmo potuto creare. C’è poi un aspetto più ideale: sapere che sul territorio c’è una struttura con cui si può dialogare e sviluppare una progettual­ità anche sul lungo periodo. E questa secondo me è l’importante novità portata dal Lac con le sue residenze

E Rifici, ha ‘messo il naso’ nel processo creativo?

Il tema e la struttura sono stati scelti di comune accordo ma, e lo dico con profondo rispetto, abbiamo avuto una libertà enorme, il che non è scontato quando si ha a che fare con un produttore e non un coprodutto­re. Abbiamo discusso vari aspetti, ed è stato importante avere un occhio esterno, ma sempre come consigli, mai come imposizion­i.

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Debutto l’11 aprile per Cristina Galbiati e Ilija Luginbühl

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