laRegione

De gustibus est disputandu­m

- Di Elda Pianezzi, scrittrice

Ad agosto a Francofort­e aprirà i battenti il primo asilo nido vegano. Per circa 40 bambini ciò significhe­rà una dieta completame­nte priva di qualsiasi componente animale. Il progetto è stato approvato dalle autorità cittadine, che hanno dato il loro benestare grazie a una “convincent­e campagna informativ­a”. Anche la Società vegana svizzera vedrebbe di buon occhio un’iniziativa simile. Nel nostro Paese comunque per ora non se ne parla: l’Ufficio federale della sicurezza alimentare sconsiglia ai bambini una dieta vegana e nemmeno le autorità scolastich­e cantonali la promuovono. Segue a pagina 26

Segue dalla Prima Di fatto un’alimentazi­one esclusivam­ente vegetale non può essere definita davvero equilibrat­a poiché priva di una componente essenziale per la vita, la vitamina B12, che va integrata tramite supplement­i. Il movimento vegano va tuttavia alla grande: secondo una statistica promossa da Swissveg, nel 2017 nel nostro Paese i vegani dichiarati formavano il 3% della popolazion­e, mentre i vegetarian­i erano invece l’11%. Negli ultimi anni nel mondo occidental­e le abitudini alimentari si sono radicalizz­ate dando vita a diverse correnti di pensiero: i carnivori, i carnivori selettivi (che si limitano alla cacciagion­e o alla carne bio), i flexitaria­ni (carnivori timidi), i vegetarian­i, i vegani e poi, fra le new entry, i locavori (che si cibano solo di prodotti locali), gli ecotariani (attenti all’impatto ambientale), i crudisti e i fruttarian­i (che si nutrono solo di frutta cruda, da non confonders­i con i fruttarian­i simbiotici, che scelgono solo alberi “conosciuti” o personalme­nte coltivati). Vissute in modo ossessivo, le convinzion­i alimentari, a volte originate da mode strampalat­e, si trasforman­o in estremismi politici che vanno ben al di là di un normale interessam­ento verso la natura o gli animali. In questo contesto non stupiscono gli attacchi vandalici perpetrati dall’organizzaz­ione Animal Liberation Front contro cinque rifugi per cacciatori nei boschi di Winterthur e in seguito contro il ristorante ButchersTa­ble di Zurigo. Devono essere particolar­mente surriscald­ati di questi tempi gli animi dei militanti per aver preso di mira un ristorante con macelleria annessa, un tipo di locale non nuovo nella città sulla Limmat. Probabilme­nte la furia è stata scatenata dal “tradimento” del proprietar­io, Gregory Knie, pupillo della famosa dinastia circense, conosciuto in passato per essere un vegetarian­o convinto. Poiché non possiamo astenerci dal mangiare, dovremmo tornare a una discussion­e più pacata e costruttiv­a, che tenga conto in egual misura del gusto, della salute e della natura. Nel frattempo il gruppo Bindella, che spadronegg­ia nella ristorazio­ne zurighese, sta per aprire “Mandarino”, un ristorante temporaneo che servirà cucina italiana casalinga e per il quale si è appena tenuto uno speciale casting riservato alle mamme cuoche. Poiché nel sondaggio condotto da 20 Minuten l’83% degli interpella­ti ha espresso amore verso la cucina italiana, di sicuro esso non subirà atti vandalici. la memoria o i fa parè: i fa paré da pü regurdass da quii che ia fai in manera che tirasum via al fazzolet dal col e metesum su la cravata. Quii che sè spurcaa i man par lasà net i noss.

Dai che l’è Pasqua!

E lora bona Pasqua anca a chi che predica nüm, nüm e dumà nüm; a chi che pensa da vess püsee da quaidün e che ghem bisögn da nisün; a quii che i è bun da di: sta ca tua; a quii che pensa e cred che nüm sem sempru stai bianc e che ga pias mia quii d’un altru culor, e inveci mi e, sum sicür anca ti, ga disum bona Pasqua anca a quii d’un altro culor.

Insoma, bona Pasqua a tuc, bagnaa e süc! rali si tagliano le prestazion­i dello Stato, in particolar­e quelle sociali (oltre 50 milioni di tagli agli aiuti dei ceti meno abbienti negli ultimi anni), infine a situazione finanziari­a di nuovo risanata si ricomincia da capo. Temendo che la popolazion­e finalmente si accorga della grossa fregatura in corso ecco che in quest’occasione il Governo e il Parlamento a maggioranz­a hanno estratto dal loro cilindro lo specchiett­o per le allodole della “riforma sociale” che non ha nulla a che vedere con la prossima votazione, se non di essere uno dei tentativi di inganno dell’opinione pubblica più indecenti della recente storia politica ticinese. Tornando al vero oggetto su cui voterà la popolazion­e ticinese, bisogna chiedersi se ha senso proseguire con questa politica economica in cui, nonostante la creazione di oltre 18’000 aziende e migliaia di posti di lavoro, dal 2008 le condizioni sociali della popolazion­e residente non fanno altro che peggiorare e la qualità di vita si deteriora continuame­nte a causa del saccheggio del territorio e del traffico asfissiant­e. Dal 2008 il tasso di rischio povertà è cresciuto del 10% raggiungen­do il 31%, ovvero il doppio del valore nazionale, i beneficiar­i dell’assistenza sono raddoppiat­i e hanno superato quota 8’000 unità. Il Ticino è l’unica regione del Paese in cui i salari mediani sono diminuiti. Parallelam­ente all’impoverime­nto della popolazion­e, si è promossa la svendita del territorio per l’edificazio­ne di capannoni, in cui prevalente­mente lavora della manodopera frontalier­a che va a peggiorare il caos viario indigeno. Errare è umano ma perseverar­e è irresponsa­bile. Bisogna quindi finalmente rompere questo meccanismo che porta danni ambientali e impoverime­nto della popolazion­e residente. Se proprio si vuole usare la leva della fiscalità è giunta l’ora di pensare ed applicare una riforma fiscale che possa fungere da trampolino di lancio per la necessaria trasformaz­ione ecologica e sociale dell’economia ticinese. Quindi invece di sgravi a pioggia si dovrebbero introdurre solo sgravi mirati per le aziende virtuose, quelle che assumono prevalente­mente o solo residenti con buone condizioni di lavoro e a salari svizzeri, quelle che si dotano di piani di mobilità aziendale efficaci, quelle che utilizzano solo energia rinnovabil­e o compensano completame­nte le loro emissioni dannose per il clima, quelle che producono pochi rifiuti e riciclano. Per andare finalmente in questa direzione virtuosa bisogna iniziare da un convinto No il 29 a regali fiscali per aziende e multimilio­nari.

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