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In Turchia Erdogan supera Atatürk

- Di Cristoforo Spinella (Ansa)

Istanbul – Erdogan supera Atatürk. Con più di 15 anni al potere, prima come capo del governo e ora come presidente, da ieri è lui il leader più longevo della Turchia repubblica­na. Il suo fondatore Mustafa Kemal detto Atatürk – il ‘padre dei turchi’, appunto – è ormai alle spalle. Con 5’493 giorni ininterrot­ti alla guida del Paese, Recep Tayyip Erdogan supera così un altro scoglio simbolico nella partita per diventare il leader assoluto della Turchia, cambiando pelle alla repubblica laicista e filo-occidental­e voluta dall’uomo che la fece nascere sulle ceneri dell’impero ottomano, e rimase al potere dalla fondazione del 29 ottobre 1923 alla sua morte, il 10 novembre 1938. Il record di Erdogan nasce il 15 marzo 2003, quando diventa capo di un governo guidato dal partito di ispirazion­e islamica Akp, succedendo ad Abdullah Gül, che gli aveva scaldato la poltrona per qualche mese in attesa della conclusion­e di un’interdizio­ne dai pubblici uffici, comminatag­li insieme a 10 mesi di carcere (di cui 4 scontati) per incitament­o all’odio religioso. Da allora sarà primo ministro fino alla vittoria nella prima elezione diretta del presidente della Repubblica, nel 2014. Un ruolo di garanzia costituzio­nale, che Erdogan ha però sempre interpreta­to in modo estensivo, presiedend­o spesso anche il Consiglio dei ministri. Il suo presidenzi­alismo ‘de facto’ è diventato ufficiale dopo il referendum dello scorso anno, che con un risultato di misura e molto contestato ha assicurato al prossimo capo dello Stato poteri esecutivi molto ampi. E a questo nuovo obiettivo Erdogan sta già lavorando da mesi. Per forgiare un’alleanza con i nazionalis­ti dell’Mhp, eredi dei lupi grigi, ha appena cambiato la legge elettorale, che finora vietava ai partiti di presentars­i in coalizione con simboli diversi. Così punta a superare al primo turno la soglia del 50%, per evitare un insidioso ballottagg­io. Un voto previsto tra un anno e mezzo, ma che potrebbe essere anticipato per cavalcare l’onda nazionalis­ta dopo l’offensiva militare in Siria.

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KEYSTONE Quello dietro è perplesso

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