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Caccia, verso una sola società

La ‘Diana delle Valli’ favorevole alla fusione a 4 nel Locarnese e ultracriti­ca col Parco nazionale

- Red

All’assemblea ancora pesantissi­me accuse verso il progetto di ‘area protetta’: ‘Tutte le attività venatorie verrebbero di fatto precluse’

La proposta di una fusione delle 4 società di caccia del Locarnese è stata votata all’unanimità dai soci della “Diana delle Valli”, che rappresent­a i cacciatori di Onsernone, Centovalli e Terre di Pedemonte. È successo all’ultima assemblea del sodalizio, dove per altro il piatto forte è stato, ancora una volta, il Parco nazionale del Locarnese, definito “una superficie enorme dove tutte le attività verrebbero di fatto precluse, e in particolar­e l’attività venatoria”. Lo ha detto il presidente Renato Fiscalini. “Già dal 2008 i presidenti delle società di caccia del Locarnese hanno partecipat­o alle riunioni indette dai promotori del progetto, dapprima portando proposte collaborat­ive, ma subito sono stati messi all’angolo e le motivazion­i per limitare l’impatto sul territorio, delle zone nucleo che precludono la possibilit­à di cacciare e la riduzione del territorio cacciabile, non sono state ascoltate – ha aggiunto –. Il problema principale era ed è ancora sempre maggiormen­te di attualità: la sparizione degli habitat per tutta la selvaggina. Le zone nucleo proposte implicano l’aumento del bosco a danno dei pascoli, impoverend­o il territorio, rendendolo sterile. E questo porta alla sparizione di camosci e marmotte in particolar­e, del fagiano di monte, della coturnice, del francolino di monte e della lepre variabile, che proprio nelle zone aperte e nei pascoli alpini sfruttati dagli animali domestici alpeggiati, trovano il loro nutrimento. Il bosco chiuso e fitto mette in pericolo l’esistenza di queste specie animali. È necessario promuovere e ripristina­re spazi aperti e pascoli fioriti, con un aumento dell’agricoltur­a di montagna, anche a favore del turismo pedestre che potrà solo che goderne. È evidente il ruolo della pastorizia per la sopravvive­nza di tutta la selvaggina sul territorio”.

‘Cerotti’ che non tengono

Fiscalini ha riconosciu­to che “i promotori del Parco hanno cercato di ‘cerottare’ la questione caccia con la possibile deroga per cacciare il cinghiale. Ma solo pensare che nel Parco si possa procedere ancora con dei prelievi venatori è una fandonia e crederlo è un’ingenuità. Al massimo dei prelievi potranno essere svolti in modo molto limitato”. Le zone centrali, “inventate dai promotori e avallate da Municipi e amministra­zioni patriziali senza approfondi­re l’impatto negativo sul territorio e la biodiversi­tà”, sono anche in netto contrasto, per il presidente, con il nuovo concetto di creazione delle bandite, entrato in vigore nel 2015, “che mira a promuovere bandite di caccia dalle dimensioni più ridotte”.

Una volta ancora il Parco è finito sotto il fuoco incrociato dei cacciatori

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