‘Un servizio silenzioso’
Il depuratore di Rancate, una presenza (di due ettari) poco conosciuta ma attiva ogni istante Dai ‘nostri’ tubi sino all’impianto e oltre: il lavoro che ogni giorno impegna chi, tra fanghi e filtri, assicura la ‘pulizia’ dell’acqua
“Un servizio silenzioso”. Un titolo – dato alla conferenza stampa tenutasi ieri al depuratore di Rancate – che più che mai riflette tutto il lavoro svolto su quel sedime di all’incirca due ettari. Silenzioso anche perché il comune cittadino del Basso Ceresio e buona parte del Mendrisiotto (senza contare le numerose aziende operative sul territorio) una volta che hanno, per esempio, tirato lo sciacquone del proprio gabinetto tendono a dimenticarsi quel che succede dopo. Salvo poi ricordarsene, sempre ad esempio, quando a casa, nella bucalettere, ci si trova da pagare il contributo alle canalizzazioni. «Un servizio silenzioso, inoltre, perché i consorzi non hanno la tendenza a parlare» ha spiegato il presidente della delegazione del Cdam (il Consorzio depurazione acque Mendrisio e dintorni) Luca Beretta Piccoli. Il presidente e il direttore Daniele Managlia hanno così deciso di incontrare la stampa per parlare degli sviluppi (dopo l’entrata di due ulteriori Comuni, Brusino Arsizio e Bissone) nonché per aprire le porte «a un servizio virtuoso che viene garantito da 40 anni, sette giorni su sette». Quanto viene da noi ‘abbandonato’ nelle condutture, una volta giunto al depuratore, deve seguire un processo ben preciso, per lo più sconosciuto alla popolazione. L’acqua che arriva subisce infatti un percorso particolare prima di tornare a scorrere, pulita, nel Laveggio. «Pretrattamenti con griglie e desabbiatore» cita per cominciare l’ingegner Managlia. Ai quali seguono «la decantazione primaria e il ‘cuore’ dell’impianto, le vasche biologiche». Quelle, per intenderci, che contengono i fanghi, i quali uniti a un sistema di immissione d’aria permettono l’abbattimento dei tre quarti del ‘carico’ riposto nell’acqua. Senza dimenticare «la fase supplementare di filtrazione a sabbia». Insomma, al fine di rendere l’acqua ‘pronta’ a uscire, di strada – all’interno dell’Ida (l’impianto di depurazione) – ce n’è parecchia. Di acqua, dal 1976 (giorno dell’inaugurazione) ad oggi ne è passata parecchia. Basti pensare che in media – per un servizio offerto a una popolazione di circa 30mila abitanti – ogni anno, spiega Managlia, «il depuratore di Rancate tratta 6 milioni di metri cubi di acqua». Per essere ancora più chiari: all’impianto si lavora con «500 litri d’acqua al secondo».
‘Si sa cosa esce, non quel che entra’
E se risulta ben chiaro come dev’essere l’oro blu in uscita – i parametri dell’Ida di Rancate sono molto rigidi vista l’affluenza nel Ceresio – non sempre si sa ciò che arriva. Esempi (negativi, ma in alcuni casi dettati da necessità urgenti) in tal senso non mancano: dalla domenica in cui entra una quantità anomala di grasso al giorno in cui dalla vasca prende piede una coltre di schiuma. Oppure ancora (qui, però, di necessità si tratta) quando nel dicembre di due anni fa i
pompieri sono stati impegnati a lungo per estinguere il rogo che aveva interessato una ditta attiva nello smaltimento degli pneumatici a Mendrisio. Vi sono poi le curiosità – già tradotte anche in uno studio – che riserva un impianto del genere. Per la vicinanza di un famoso stabilimento atto alla lavorazione dei metalli preziosi, tra i fanghi del depuratore non manca... l’oro (come pure zinco e rame). Recuperarlo? Difficile e dispendioso. A trovarsi in abbondanza, e ai quali è stata ‘dichiarata guerra’, sono i microinquinanti (sostanze chimiche derivanti ad esempio dai residui dei cosmetici e dai medicinali). Per la Confederazione – che due anni fa ha emanato una tassa federale a carico dei consorzi di 9 franchi per abitante allacciato – l’obiettivo è chiaro: ridurre del 50% il carico di questi microinquinanti. Perché, una volta tirato lo sciacquone, la storia non è finita. E ricordarlo, una volta ogni tanto, non può che fare bene.