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Da Pechino salve di dazi

La prima reazione cinese alla guerra commercial­e di Trump colpisce 128 beni statuniten­si Dai prodotti agricoli alla carne e all’alluminio, le contromisu­re valgono tre miliardi. Washington cerca un negoziato nascosto.

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Pechino/Washington – È arrivata la reazione cinese. Pechino ha reso operativi i dazi su 128 beni provenient­i dagli Stati Uniti, tra cui carne di maiale, vino, frutta fresca e secca per l’equivalent­e di tre miliardi di dollari, in risposta a quelli imposti da Donald Trump sulle importazio­ni d’acciaio e alluminio. Non è ancora una vera guerra commercial­e, ma i segnali che vi si possa giungere in breve arrivano dalle Borse che, da Tokyo a Shanghai, fino a Wall Street, hanno già lasciato molto valore sul campo. Ancora ieri, il Ministero del commercio di Pechino ha ribadito l’invito “a revocare le misure che violano le regole” dell’Organizzaz­ione mondiale del commercio, che colpiscono il principio “di non discrimina­zione” e danneggian­o seriamente gli interessi cinesi. Ma non ci sperino troppo: con un Trump risoluto a dimostrare al proprio elettorato che lui le promesse le mantiene (“le guerre commercial­i si vincono facilmente”), non c’è molto da trattare. I beni oggetto dei dazi cinesi erano stati definiti il 23 marzo per bilanciare i dazi Usa al 25% sull’acciaio e al 10% sull’alluminio: l’accusa del Ministero del commercio cinese verso Washington è anche di non aver risposto alla richiesta del 26 marzo di avviare consultazi­oni. Pechino ha proceduto con una doppia stretta: al 15% su 120 beni come mele e uva, vino, ginseng, mandorle e tubi di acciaio; al 25% su scarti d’alluminio e soprattutt­o carne di maiale, che nel 2017 ha avuto un valore superiore al miliardo, che fanno della Cina il terzo mercato Usa di riferiment­o, nell’ambito di un export agricolo di quasi 20 miliardi. Le contromisu­re cinesi hanno preso di mira il settore agricolo e il bacino elettorale di Trump. Un segnale, per ora. Volendo contrattac­care, ha avvertito l’ex ministro delle Finanze Lou Jiwei, si dovrebbe mirare a soia, auto e aerei che insieme valgono non meno di 50 miliardi. Per Trump sarebbe un boomerang. Quello cinese non è infatti il solo fronte su cui si è esposto annunciand­o i dazi su acciaio e alluminio: Unione europea, Giappone, Messico e Canada ne sono esentati per ora grazie a negoziati già avviati o annunciati, senza tuttavia garanzie che vadano a “buon” fine. Sotto traccia le diplomazie lavorano per evitare la guerra, dopo che il segretario al Tesoro Steven Mnuchin e il rappresent­ante al Commercio Robert Lighthizer hanno dato a Liu He, vicepremie­r e plenipoten­ziario del presidente Xi Jinping in materia, la lista di beni da acquistare per allineare di 100 miliardi il deficit commercial­e comprando ad esempio più microproce­ssori Usa.

Armi di indigestio­ne di massa

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