Tuba mirum spargens sonum
“Tantus labor non sit cassus”! Markus Poschner è riuscito a dirigere un Requiem all’altezza del suo prestigio, gli organizzatori lo hanno saputo assecondare anche nel complesso supporto logistico. Il quinto Concerto del Venerdì Santo, nella Collegiata arricchita dal nuovo impianto di illuminazione, ha riproposto la prova del giovedì aperta al pubblico, che ho quasi preferito al concerto del venerdì per il carattere più interlocutorio della direzione ancora aperta a correzioni. Il doppio evento è stato un successo, non solo per i biglietti esauriti in poche ore, ma per la qualità del pubblico. Nessun disturbo di telefonini, di colpi di tosse senza silenziatore, allo spegnimento del “pius es” finale un momento di silenzio convinto, prima di sciogliere l’applauso. In tempi di smanie per le sale dall’acustica perfetta è forse il momento di ripensare un ritorno più frequente in spazi architettonicamente pregevoli, seppur acusticamente da costruire. L’impegno organizzativo è anche certificato dalla qualità dei solisti, che cito: la soprano Brigitte Geller, la mezzosoprano Theresa Kronthaler, il tenore Louis Olivares Sandoval, il basso Torben Jürgens. Assolutamente alla loro altezza l’Orchestra della Svizzera italiana, con Tamàs Major violino di spalla, e il Coro della Radiotelevisione svizzera, preparato da Andrea Marchiol. Poschner ha schierato press’a poco quaranta strumentisti e quaranta coristi, un numero ben commisurato agli spazi della Collegiata di Bellinzona. Ricordo che, in storiche registrazioni, Gardiner ne schierò la metà, Bernstein il doppio. Nessun problema per direttore, coro e orchestra nell’occupare l’ampia navata con crescendo possenti, ma serbando il tessuto polifonico assai chiaro, addirittura i fugati ben scanditi; nel dar risalto ai colori timbrici con i corni di bassetto al centro in prima fila e subito dietro i fagotti; più lontani, ma nemmeno li vedevo, le trombe, i tromboni a coulisse, rigorosamente senza pistoni. Come vuole la tradizione Poschner ha portato il peso emotivo dell’opera sul “Lacrimosa”, una deplorazione della morte, che mantiene il suo fascino anche presso i melomani restii ai luoghi comuni. Proprio in questo momento centrale del Requiem venerdì si è scatenato su Bellinzona un temporale fortissimo: i tuoni non hanno scomposto coro e orchestra, ma i lampi, attraverso il rosone dalla facciata, hanno distratto i quattro solisti in attesa, che hanno attaccato il successivo “Domine Jesu Christe” con qualche problema, peraltro subito rientrato. Ricorderò forse questa esecuzione del Requiem soprattutto per il “Tuba mirum”, nel quale il solista di trombone è venuto in prima fila, assieme ai solisti di canto. Un momento di stupore melodico in contrasto con la drammaticità del testo. Un elogio della morte del Mozart, cristiano poco convinto e poco osservante, un’incontenibile manifestazione di amore per la vita mortale anche senza la certezza di una risurrezione.