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Tuba mirum spargens sonum

- Di Enrico Colombo

“Tantus labor non sit cassus”! Markus Poschner è riuscito a dirigere un Requiem all’altezza del suo prestigio, gli organizzat­ori lo hanno saputo assecondar­e anche nel complesso supporto logistico. Il quinto Concerto del Venerdì Santo, nella Collegiata arricchita dal nuovo impianto di illuminazi­one, ha riproposto la prova del giovedì aperta al pubblico, che ho quasi preferito al concerto del venerdì per il carattere più interlocut­orio della direzione ancora aperta a correzioni. Il doppio evento è stato un successo, non solo per i biglietti esauriti in poche ore, ma per la qualità del pubblico. Nessun disturbo di telefonini, di colpi di tosse senza silenziato­re, allo spegniment­o del “pius es” finale un momento di silenzio convinto, prima di sciogliere l’applauso. In tempi di smanie per le sale dall’acustica perfetta è forse il momento di ripensare un ritorno più frequente in spazi architetto­nicamente pregevoli, seppur acusticame­nte da costruire. L’impegno organizzat­ivo è anche certificat­o dalla qualità dei solisti, che cito: la soprano Brigitte Geller, la mezzosopra­no Theresa Kronthaler, il tenore Louis Olivares Sandoval, il basso Torben Jürgens. Assolutame­nte alla loro altezza l’Orchestra della Svizzera italiana, con Tamàs Major violino di spalla, e il Coro della Radiotelev­isione svizzera, preparato da Andrea Marchiol. Poschner ha schierato press’a poco quaranta strumentis­ti e quaranta coristi, un numero ben commisurat­o agli spazi della Collegiata di Bellinzona. Ricordo che, in storiche registrazi­oni, Gardiner ne schierò la metà, Bernstein il doppio. Nessun problema per direttore, coro e orchestra nell’occupare l’ampia navata con crescendo possenti, ma serbando il tessuto polifonico assai chiaro, addirittur­a i fugati ben scanditi; nel dar risalto ai colori timbrici con i corni di bassetto al centro in prima fila e subito dietro i fagotti; più lontani, ma nemmeno li vedevo, le trombe, i tromboni a coulisse, rigorosame­nte senza pistoni. Come vuole la tradizione Poschner ha portato il peso emotivo dell’opera sul “Lacrimosa”, una deplorazio­ne della morte, che mantiene il suo fascino anche presso i melomani restii ai luoghi comuni. Proprio in questo momento centrale del Requiem venerdì si è scatenato su Bellinzona un temporale fortissimo: i tuoni non hanno scomposto coro e orchestra, ma i lampi, attraverso il rosone dalla facciata, hanno distratto i quattro solisti in attesa, che hanno attaccato il successivo “Domine Jesu Christe” con qualche problema, peraltro subito rientrato. Ricorderò forse questa esecuzione del Requiem soprattutt­o per il “Tuba mirum”, nel quale il solista di trombone è venuto in prima fila, assieme ai solisti di canto. Un momento di stupore melodico in contrasto con la drammatici­tà del testo. Un elogio della morte del Mozart, cristiano poco convinto e poco osservante, un’incontenib­ile manifestaz­ione di amore per la vita mortale anche senza la certezza di una risurrezio­ne.

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