Prestiti miliardari per Syngenta
Il gruppo agrochimico basilese prevede di rifinanziare la società madre ChemChina
Prestiti miliardari per rifinanziare la società madre indebitata. È quanto prevede di fare Syngenta con ChemChina, società che ha acquisito il gruppo agrochimico svizzero per 43 miliardi di dollari la scorsa estate. In una nota diffusa ieri la multinazionale basilese ha indicato di aver incaricato le banche Bnp Paribas, Citi, Credit Suisse e Hsbc di organizzare una serie di incontri con potenziali investitori. A seconda della situazione del mercato, il volume dei prestiti potrebbe raggiungere 4,8 miliardi di dollari, finanziati, in parte, da transazioni di crediti bancari. Oltre al rifinanziamento di ChemChina, questi potranno essere impiegati per “attività generali dell’impresa”, precisa il comunicato. Syngenta è stata acquistata circa un anno fa dal gruppo statale cinese ChemChina per 43 miliardi di dollari. Si è trattato di una prima: nessuna azienda cinese aveva fino allora speso così tanti soldi per comperare una società estera. In quest’ottica le preoccupazioni rimangono alte: ChemChina potrebbe scaricare i debiti conseguiti con l’acquisizione del gruppo agrochimico basilese, sulla stessa Syngenta. Lo scorso febbraio la multinazionale svizzera ha annunciato un calo delle vendite dell’1%, a 12,65 miliardi di dollari, al termine del 2017. Tale diminuzione era legata “alla contrazione delle nostre vendite di prodotti di protezione delle colture”, aveva indicato la società in una nota. Un mese più tardi Syngenta ha poi pubblicato sul suo sito web il rapporto d’esercizio completo. Esso rivela che il gruppo ha contabilizzato una perdita di 96 milioni di dollari nel 2017. L’anno prima il gruppo agrochimico basilese aveva ancora generato un profitto di 1,18 miliardi di dollari. Il motivo delle cifre rosse è riconducibile a questioni legali negli Stati Uniti, per le quali l’azienda ha previsto l’accantonamento di 1,55 miliardi di dollari. L’ironia della sorte: Syngenta ha venduto negli Usa semenze di mais geneticamente modificate. La Cina – importante mercato di sbocco per i prodotti agricoli americani – ha dal canto suo vietato l’importazione di tali beni. I coltivatori hanno così dovuto rinunciare a entrate per miliardi di dollari.