Secondo la perizia l’eritrea non si sarebbe suicidata
L’ipotesi che si sia trattato di un suicidio è inverosimile. È questa la conclusione a cui giunge la perizia effettuata dall’Istituto di medicina legale dell’Università di Berna nell’ambito dell’inchiesta sul presunto omicidio di una 24enne eritrea, morta dopo essere caduta dal balcone di casa il 3 luglio 2017 a Bellinzona. Ad anticiparlo è la Rsi. Il documento – che come avevamo riferito risultava ultimato già a febbraio – nelle scorse settimane è stato sottoposto come da prassi a una supervisione interna all’ateneo bernese. Negli scorsi giorni è stato dunque consegnato al procuratore pubblico titolare dell’inchiesta Moreno Capella, il quale dispone ora di ulteriori elementi che proverebbero la colpevolezza del marito 35enne. L’uomo, che si trova in carcerazione preventiva con l’accusa di omicidio intenzionale, si era fin da subito professato innocente e sostiene anzi di aver cercato invano di evitare che la compagna si suicidasse. Una scena – priva di testimoni oculari – che era stata replicata in occasione della ricostruzione avvenuta circa un mese dopo i fatti. In quell’occasione il marito, anch’egli eritreo, aveva mostrato al procuratore e alla Polizia scientifica come riuscisse a sostenere il manichino che ciondolava nel vuoto tenendolo per un polso. I rilievi effettuati sul fantoccio che era stato fatto cadere più volte dal terrazzo situato al quinto piano, i risultati dell’autopsia (secondo cui la vittima era precipitata di testa, atterrando sulla parte destra del corpo) e quelli di altre simulazioni proverebbero però come detto la tesi dell’uxoricidio. Oltre alle prove oggettive, va inoltre considerato il fatto che la coppia stava attraversando un momento difficile e già un paio di mesi prima le forze dell’ordine erano dovute intervenire nel loro appartamento per sedare una lite. Durante il presunto omicidio i due figli della coppia erano stati chiusi a chiave in una stanza.