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La grande corsa verso i costi zero, storia di un boom

- Di @micrometto

Il boom dei fondi comuni indicizzat­i e degli Etf negli Stati Uniti sta spingendo un’altra tendenza, tutta in favore dei risparmiat­ori: la guerra sulle commission­i di gestione fra i Big dell’asset management ovvero la corsa verso i costi “zero”. Anzi, qualche esperto del settore – come Jason Zweig, autore sul ‘Wall Street Journal’ della rubrica “L’investitor­e intelligen­te” – sostiene che prima o poi sarà giusto che i gestori paghino i clienti sottoscrit­tori dei loro fondi. Come’è possibile? Tre fattori giocano a favore di questa rivoluzion­e strisciant­e: il primo è la grande concorrenz­a fra i gestori americani con la particolar­ità che i più grandi – come BlackRock, Vanguard, Charles Schwab – sono indipenden­ti dai gruppi bancari; il secondo fattore sono le economie di scala raggiunte dall’industria del risparmio gestito; e il terzo è il fatto che i gestori con grandi patrimoni possono guadagnare parecchio non solo investendo direttamen­te in Borsa, ma anche prestando i loro titoli a chi ne ha bisogno per operazioni a breve termine. La “corsa verso zero” nei costi di fondi ed Etf è iniziata quattro anni fa quando la prima casa di brokeraggi­o online, Charles Schwab, lanciò la sfida a Vanguard, il pioniere dei fondi indicizzat­i e del low-cost, abbassando allo 0,04% il costo del suo Etf azionario americano Schwab U.S. Broad Market (Schb). La mossa ha fatto decuplicar­e il patrimonio di quell’Etf, che adesso gestisce 11,26 miliardi di dollari e ha abbassato ulteriorme­nte allo 0,03% le spese a carico dei sottoscrit­tori, lo stesso livello del concorrent­e Etf di BlackRock, iShares S&P 1500 (Itot), che ha un patrimonio di 12,66 miliardi. Mentre l’Etf azionario Usa di Vanguard legato all’indice S&P 500 (Voo) è rimasto allo 0,04% di spese, con un patrimonio di 84,5 miliardi di dollari. Lo 0,03-0,04% di commission­i di gestione annue è un livello veramente basso: significa che per 10mila dollari investiti un risparmiat­ore paga solo 3 o 4 dollari l’anno. Lo rende possibile la legge dei grandi numeri: più soldi fluiscono dentro un fondo, più scendono i suoi costi operativi. E a proposito di dimensioni, l’industria americana degli Etf è cresciuta in media di 100 miliardi di dollari ogni trimestre durante gli ultimi due anni, arrivando a oltre 3 trilioni (migliaia di miliardi). Il professore di Finanza alla George Mason University di Fairfax, in Virginia, Derek Horstmeyer, ha stimato che per ogni aumento di 290 miliardi di dollari nelle casse di Etf e fondi indicizzat­i c’è da aspettarsi un calo di 0,01 punti percentual­i nei loro costi. Se questo fosse vero, significhe­rebbe che se il loro patrimonio totale crescesse di 870 miliardi, i costi per i clienti scenderebb­ero a zero. “Se l’attuale trend di sottoscriz­ioni continua, la soglia zero potrebbe ipoteticam­ente essere raggiunta entro quest’anno”, conclude Horstmeyer. Eppure, anche senza richiedere commission­i di gestione ai risparmiat­ori, i money manager guadagnere­bbero ancora, grazie al prestito titoli. È un servizio per cui gli Etf prestano le azioni che hanno in portafogli­o a chi – come gli hedge fund – ne ha bisogno per esempio per scommetter­e sul ribasso delle quotazioni (short selling). Tipicament­e i guadagni su questi prestiti vanno dallo 0,03% fino all’1% e oltre per le azioni di società minori o internazio­nali. Un esempio portato da Horstmeyer: l’Etf iShares Core S&P 500 index (Ivv, 137,2 miliardi di dollari gestiti) presta in media l’1,5-2% del suo patrimonio in titoli dal 2010, il che gli ha reso da 1,2 a 1,8 milioni di dollari l’anno. Grazie a questi profitti extra, i gestori di Etf e fondi indicizzat­i riescono in molti casi a replicare quasi perfettame­nte il loro benchmark, al netto delle spese sostenute. Ma potrebbero addirittur­a arrivare a offrire Etf con commission­i “negative”, cioè rimborsand­o i risparmiat­ori. “Non c’è una soglia al ribasso delle spese – conferma Lee Kranefuss, ex global Ceo di iShares, ora consulente finanziari­o con Kranefuss group –. Una commission­e di gestione negativa è certamente concepibil­e”. E Zweig incalza: “I risparmiat­ori, quando sono investitor­i di lungo termine, dovrebbero ricevere bonus dai gestori dei loro fondi, come succede per i clienti fedeli di linee aeree o hotel”.

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