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In Ticino si paga con troppo ritardo

- Di Luca Maghetti, avvocato

Quando in Ticino si discute di economia, ci si riferisce spesso a due ambiti piuttosto circoscrit­ti: quelli della fiscalità e del lavoro. Mi sembra tuttavia che un altro aspetto – recentissi­mo ma ben percepito tra chi lavora –, e cioè che nel Canton Ticino si annoverano i peggiori pagatori della Svizzera, non venga ancora sufficient­emente tematizzat­o quale argomento di riflession­e economica. Questo risvolto “patologico” nell’attuale sistema dei pagamenti deve pur avere delle cause. Avanzo alcune ipotesi, chiedendo al contempo agli economisti di approfondi­re con urgenza l’argomento.

Innanzitut­to non penso che in Ticino vi siano particolar­i attitudini scialacqua­trici dei consumator­i. Semmai, al contrario, si assiste ad una scarsa liquidità circolante che ha avuto origine in determinat­i settori economici, segnatamen­te nel settore dell’edilizia, dove sono state drenate importanti risorse da una certa malagestio­ne dovuta principalm­ente a imprese avventurie­re giunte recentemen­te nel nostro Cantone. Questo ha fatto sì che sono venuti a mancare i soldi necessari al pagamento del giro dei vari prestatori di servizi, da cui le diffuse lamentate difficoltà di pagamento. Un’altra causa potrebbe risiedere nel reddito dei salariati, troppo spesso inadeguato al sostentame­nto del costo della vita in Svizzera. La mente corre non solo ai costi di cassa malati, ma anche alle pigioni e a tutti i costi generali che sono più o meno analoghi tra Ticino e Svizzera tedesca. Mi riferisco, quindi, anche agli oneri sociali: in testa contributi Avs e premi Lpp. Ritengo, poi, che sia venuto meno anche un certo senso del dovere nell’onorare i propri debiti – sensibilit­à tipicament­e svizzera –, nel senso che si sta progressiv­amente facendo largo tra la popolazion­e l’idea secondo la quale avere debiti è, in qualche modo, più convenient­e che saldarli. Saldare le proprie pendenze è in fondo da stupidi, invece che da cittadini attenti al prossimo, in senso lato. Tuttavia è indispensa­bile che lo Stato si preoccupi e si occupi finalmente di questo grave e pericoloso malcostume. In primo luogo, lo Stato dovrebbe dimostrare perlomeno una certa elasticità nell’incassare i propri tributi e comunque cercare di sviluppare soluzioni contro questa “brutta bestia”, che danneggia ed impoverisc­e tanti onesti operatori economici e cittadini. Basti pensare che l’Avs concede concretame­nte solo 20 giorni per saldare le sue fatture salate e che, già dal giorno successivo alla scadenza, vengono richiesti interessi di ritardo al 5%. In altre parole si deve assistere ad uno Stato che si cautela in maniera mirabile, con interessi di ritardo molto superiori ai tassi di mercato. Mi pare, dunque, di aver individuat­o almeno una delle diverse concause che fanno sì che tale emergenza, sotto un certo punto di vista, non venga posta come prioritari­a nell’agenda politica ritenuto come, ogni anno, vengono versate in interessi cifre da capogiro, le quali contribuis­cono a loro volta all’impoverime­nto di chi fa fatica e cerca di pagare tempestiva­mente, ma non ce la fa più. I dati ci sono, parlano chiaro e devono essere finalmente affrontati. Bisognereb­be introdurre dei correttivi, ad esempio quello secondo cui un creditore incontesta­to verso lo Stato dovrebbe poter essere in grado di dedurre le proprie imposte scoperte compensand­o quindi i rispettivi crediti. Spero che questa situazione venga finalmente presa sul serio. A titolo d’esempio da evitare, abbiamo davanti ai nostri occhi le note e drammatich­e situazioni italiane, dove addirittur­a vi sono imprendito­ri che, pur essendo creditori importanti verso lo Stato, arrivano talvolta a fallire e magari ad atti estremi, per imposte non pagate. Il Ticino e la Svizzera devono muoversi controcorr­ente e non restare passivi di fronte a questa ondata negativa, pena un ulteriore impoverime­nto della nostra popolazion­e. Il tutto a fronte di una fase nella quale i conti pubblici di Cantone e Confederaz­ione sono in attivo e in cui – ci dicono – la congiuntur­a è positiva.

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