Blitz per gli scontri alla Valascia, ‘nessuna irruzione’
Norman Gobbi rispondendo a un’interpellanza parlamentare ribadisce i motivi per cui la polizia si è presentata al domicilio dei tifosi biancoblù
“La Polizia cantonale non ha fatto irruzione in casa (ciò che presuppone l’uso della forza fisica), ma si è presentata al domicilio delle persone interessate, munita di un ordine di accompagnamento coattivo e dell’ordine di perquisizione domiciliare, conformemente a quanto previsto dalla procedura penale per gli imputati”. Il capo del Dipartimento istituzioni Norman Gobbi rispondendo ieri in Gran Consiglio all’interpellanza dei deputati Ppd Paolo Peduzzi e Sara Beretta Piccoli dedicata al blitz compiuto il 14 marzo nell’ambito dell’inchiesta sui disordini scoppiati alla Valascia il 14 gennaio, ha confermato quanto già spiegato dal procuratore pubblico Nicola Respini (vedi ‘laRegione’ del 21 marzo). Contrariamente a quanto affermato dagli interpellanti e al conseguente eco concesso da alcuni media, la Polizia cantonale “non si è presentata alle 6, poiché a quell’ora avveniva la data d’ordine agli agenti impiegati”. Quanto alla necessità di recarsi “di primo mattino” al domicilio dei 17 tifosi indagati, anziché convocarli via lettera come si fa di solito, “aveva due scopi principali: essere sicuri di trovare le persone interessate e procedere subito alla perquisizione domiciliare in loro presenza; evitare agli imputati di venir fermati sul posto di lavoro, ciò sia a tutela della loro privacy, sia per contenere il possibile imbarazzo e le ben più gravi conseguenze”. Per contro, i tifosi violenti non sono stati fermati il 14 gennaio perché quella sera “la situazione era tale che procedere con dei fermi avrebbe accresciuto in maniera eccessiva la minaccia nei confronti delle forze dell’ordine e dei presenti non autori di violenze, minacce e sommossa”. La Procura, prosegue Gobbi, non ha inviato citazioni scritte considerato “l’elevato numero di persone coinvolte e per evitare il pericolo di collusione e di inquinamento delle prove. Se fossero state semplicemente convocate in polizia, avrebbero potuto non dar seguito alla convocazione, ma soprattutto concordare le versioni da fornire agli inquirenti e sopprimere prove utili per il procedimento, ciò che avrebbe ulteriormente complicato l’inchiesta”. Quanto poi alla necessità di procedere con le analisi del Dna, Gobbi ribadisce che sono stati ritrovati oggetti toccati e/o utilizzati dagli imputati durante i tafferugli: “Sono stati sequestrati quali prove utili per il procedimento penale o mezzi utilizzati per commettere i reati. Da questi oggetti sono state prelevate tracce e impronte. I prelievi del Dna e delle impronte digitali degli imputati permetteranno quindi di stabilire chi degli imputati ha utilizzato questi oggetti” e per quali fini. Analisi di laboratorio certo costose, ma il consigliere di Stato ricorda che i costi “sono quelli normali previsti per ogni procedimento penale. Va ricordato che agli imputati, in caso di condanna, verranno addebitati i costi processuali che comprendono anche i costi di queste analisi”.