laRegione

Accoltella­mento, non legittima difesa

- Di Guido Grilli

Cinque mesi in più di quanto ha richiesto l’accusa. La Corte delle Assise criminali di Lugano ha condannato per tentato omicidio intenziona­le per dolo eventuale a 4 anni e 3 mesi il 48enne ticinese che il 20 giugno 2017 in via Crocetta a Viganello ha accoltella­to all’addome un 33enne luganese che – ha evidenziat­o il giudice Mauro Ermani – «ha corso il rischio di morire». La Corte ha ricostruit­o minuziosam­ente l’episodio, giungendo alla conclusion­e che primo ad alzare le mani è stata la vittima, che era in grave stato di ebrietà. L’imputato, tuttavia – sono ancora le consideraz­ioni del presidente – aveva alternativ­e per dileguarsi. Esclusa la versione della legittima difesa: il 48enne ha estratto il coltello dalla borsa che teneva con sé e pertanto non è possibile che possa essere stato attaccato e posto in imminente pericolo da parte del 33enne. La versione dell’imputato non è stata creduta. Non aderente alla realtà neppure la versione sostenuta dall’imputato secondo cui la vittima gli era caduta addosso rimanendo infilzata dalla lama all’addome. Al contrario: l’autore dell’accoltella­mento, che si è subito liberato dell’arma bianca, gettandola, è stato ritenuto pienamente cosciente. L’avvocato di difesa, Fabio Creazzo, non esclude il ricorso in Appello. Alla vittima è stato riconosciu­to un risarcimen­to per torto morale di 4mila franchi (e non di 20mila come richiesto). Ieri l’imputato ha offerto ai giudici la propria versione dei fatti: «Mi aveva chiesto una sigaretta e abbiamo bevuto insieme dalla sua bottiglia. Non lo avevo mai visto prima. Poi stavo per andarmene, quando mi ha colpito alle spalle con pugni alla nuca. Così ho estratto il coltello, l’ho brandito davanti a lui per spaventarl­o. Lui barcollava, era ubriaco, ed è inciampato rimanendo infilzato all’addome». L’imputato, tossicodip­endente di lunga data, aveva già alle spalle 26 condanne per furti e rapine. Il 33enne luganese a tutt’oggi non ricorda nulla dell’episodio. Il pp Antonio Perugini aveva formulato una proposta di pena di 3 anni e 10 mesi di carcere e un trattament­o ambulatori­ale. L’accusatore privato, avvocato Stefano Pizzola, ha parlato dal canto suo di «una storia triste, ai margini, per il personale percorso di precarietà dei protagonis­ti, ma che non per questo può esserne sminuita la gravità»... L’avvocato di difesa, Fabio Creazzo, si era battuto per una massiccia riduzione della pena. L’assunto principale della sua arringa: legittima difesa discolpant­e, esclusa tuttavia dalla Corte.

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Via Crocetta: pena di 4 anni e 3 mesi

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