L’imprevedibile Trump stretto tra ‘falchi’ e ‘colombe’
New York – Ore di frenetiche consultazioni alla Casa Bianca, tra i più stretti consiglieri del presidente americano e con gli alleati, per capire come agire in Siria. Ore di attesa per una rappresaglia contro il regime di Assad oramai annunciata da giorni, con Donald Trump stretto tra falchi e colombe. Difficile pensare che i raid non si faranno. I vertici del Pentagono e delle forze armate predicano prudenza, ma Trump tutto vuole tranne che fare la figura di un ‘Barack Obama 2.0’. Quell’Obama da lui tanto criticato che nel 2013 giurò di intervenire se Assad avesse superato la linea rossa dell’uso dei gas, salvo poi fare un clamoroso dietrofront. Il segretario alla Difesa James Mattis è il più fermo nel frenare gli animi dei più bellicosi all’interno dell’amministrazione (il neoconsigliere per la Sicurezza nazionale John Bolton, il nuovo segretario di Stato Mike Pompeo). Due i punti su cui insiste: primo, per dimostrare che l’azione militare è necessaria servono «prove concrete e convincenti» sull’uso di agenti chimici e sul loro impiego da parte delle forze di Damasco; in secondo luogo, l’eventuale rappresaglia dovrà essere «equilibrata e mirata» e concordata con Londra e Parigi (e molto probabilmente, dietro le quinte anche con Mosca). Per attaccare non basta quindi che gli 007 Usa abbiano già in mano campioni biologici raccolti a Duma – la città bombardata da Assad – in cui ci sarebbero tracce di cloro e gas nervino. L’idea è di aspettare almeno gli ispettori dell’Opac che – spiegano al Palazzo di vetro dell’Onu – stanno per arrivare in Siria e dovrebbero iniziare il loro lavoro nelle prossime ore. La prudenza di Mattis è condivisa dalla gran parte dei vertici del Dipartimento di Stato, secondo cui bisogna far tesoro degli sbagli compiuti dall’amministrazione Bush all’epoca della prima guerra in Iraq. E anche l’ambasciatrice Usa all’Onu Nikki Haley, fedelissima di Trump, sottolinea come «una decisione così delicata non può essere presa di fretta». Resta da fare i conti con l’imprevedibilità di un leader come il tycoon, che ha più volte dimostrato di agire al di là di ogni ragionevole consiglio dato dai suoi più stretti collaboratori.