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‘Il tennis mi ha aiutato nello sci’

‘Quasi batto Martina Hingis, ma ho il servizio arrugginit­o’. Intervista a Ramon Zenhäusern, con un passato sui campi.

- Di Sabrina Melchionda

Lugano – Il gigante buono, lo chiamano. Se la bontà è anche simpatia, disponibil­ità e piedi per terra, è buono almeno quanto è alto. Tanto. «Buongiorno» ci accoglie in italiano, prima di chiedere timidament­e se si può realizzare l’intervista in francese. Da uno zaino da sci spunta il manico di una racchetta. Ci siamo persi qualcosa Ramon Zenhäusern? «Ho giocato un doppio misto». L’evento era abbinato a un concorso indetto da uno sponsor del torneo di Lugano. «Purtroppo abbiamo perso», dice buttando indietro la testa con ilarità. Ci sta già simpatico. «Però – aggiunge come a giustifica­rsi – c’è mancato poco per vincere: 4-0 per noi, 42 per gli altri, poi abbiamo perso il tie-break decisivo. «Eh sì che col servizio – scoppia a ridere – dovrei essere avvantaggi­ato. Ma credo che mi si siano accorciati i muscoli qui», spiega toccando il braccio. «Dall’altra parte della rete c’era Martina Hingis». Ah beh! «Eh sì, ho detto tutto». Altra risata. È accattivan­te quasi suo malgrado, questo ragazzone. Pare il classico tipo della porta accanto, eppure da qualche parte a casa sua ha un oro (a squadre) e un argento olimpici.

È a Lugano a margine del torneo Wta: che rapporto ha col tennis?

Ho iniziato da piccolo anche perché giocava mia sorella Romaine. Lei era bravissima, è stata anche profession­ista ma a 18 anni s’è infortunat­a a un polso e ha dovuto smettere. Però – aggiunge con malcelato orgoglio da fratello maggiore – è l’ultima svizzera ad avere battuto Belinda Bencic. A 12 anni ho poi optato per lo sci, anche perché non amavo rinchiuder­mi nelle sale o sotto i palloni l’inverno. Lo sci mi permetteva invece di stare nella natura.

C’è qualche aspetto del tennis che ritrova nello sci?

Nel tennis la testa riveste un enorme ruolo. Credo che averlo praticato mi abbia aiutato anche nello sci, per restare ‘cool’. Poi, certo, nel tennis hai diecimila possibilit­à per rimediare a un errore, mentre nello sci ne basta uno e la gara è finita. In slalom, ad esempio, puoi inforcare e vieni eliminato. E pensa in discesa: lì basta che commetti uno sbaglio e puoi essere… – allarga gli occhi e sussurra – morto.

Cosa fa in questo periodo, a parte giocare a tennis?

Ride – Ho numerosi appuntamen­ti, qua e là. Ieri (mercoledì, ndr), per dire, sono stato ricevuto dal Consiglio federale insieme ad altri atleti. Fino al termine di aprile mi allenerò sugli sci, approfitta­ndo del fatto che c’è ancora tanta neve. A maggio andrò in vacanza: ci vuole un po’ di riposo. La mia vacanza ideale è dove c’è acqua: mi piace l’acqua, l’adoro proprio. Pratico il windsurf fin da bambino; più di recente ho cominciato kitesurf e catamarano: stupendi. Così come trovo straordina­ri lo sci e il tennis. Lo sport è il mio hobby, la mia passione, il mio lavoro. Per me è tutto. È la vita.

È diventato uno dei protagonis­ti assoluti in slalom nell’ultima stagione, andata in crescendo e culminata con le due medaglie olimpiche in Corea. Passare dalla ‘penombra’ alla luce è difficile da gestire?

Credevo fosse più complicato, in realtà sono riuscito a rimanere concentrat­o solo sullo sci, lasciando da parte tutto il resto. È per questo che, anche dopo i Giochi, ho mantenuto alto il livello, salendo sul podio a Kraniska Gora appena la settimana dopo le Olimpiadi. In Corea avevo fatto il pieno di emozioni; dopo ho quasi dovuto nasconderm­ele, altrimenti non sarei stato più in grado di fare le cose bene.

Con i risultati, è arrivata una certa fama: come la vive?

Questo succede quando si ha un po’ di successo. Però io sono sempre lo stesso, non ho cambiato il mio modo di essere.

Con quel fisico fuori dagli standard ritenuti ideali per lo slalom, è probabilme­nte l’atleta più atipico del circuito. Crede di essere un esempio per i giovani, come atleta e uomo che non s’è montato la testa?

Non sono uno sbruffone. Ma addirittur­a un esempio?! Non credo di ritenermi tale – fa una lunga pausa –. Sono sempre stato un grande lavoratore, ma da lì a dire ‘fate come me perché è giusto’, quello no. Però capisco cosa vuole dire: vedere uno spilungone come me riuscire in una disciplina per la quale ero ritenuto troppo alto beh sì, può significar­e che nulla è impossibil­e. È in quest’ottica che forse posso essere motivante per gli altri. Io dico sempre che quando vuoi qualcosa nella vita e lavori tanto per ottenerla, nulla è davvero impossibil­e.

Dello sci cosa le piace e cosa invece no?

Dello sci amo… lo sci in sé! Quando sono sulla neve e scendo, mi piacciono moltissimo le sensazioni che provo sentendo la forza centrifuga, la pressione, come l’attrezzo ‘carva’. Cosa non mi piace? I tanti viaggi in bus o in aereo durante la stagione. Che quando sei due metri, sono ancora più pesanti. In realtà usa un termine un po’ più colorito, ma lo fa con un pudore pressoché infantile. Salutando, ringrazia per il tempo dedicatogl­i. Per capire che sia grande, non c’è bisogno che si alzi in piedi.

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KEYSTONE ‘Dopo le Olimpiadi ho dovuto nasconderm­i le emozioni’. Sopra: di passaggio a Lugano

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