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I colori contro il Male

Il progetto ‘Lugano città aperta’ si conclude sulle musiche del campo di internamen­to di Ferramonti

- Di Ivo Silvestro

Il 26 aprile, oltre all’apertura del Giardino dei giusti, una serata al Lac condotta da Peppe Servillo per ricostruir­e la paradossal­e storia di un luogo di sofferenza e di cultura, troppo a lungo dimenticat­o

Può sorprender­e, scoprire quanto pervasiva fosse la presenza della musica nei campi di concentram­ento, e di sterminio, nazi-fascisti. Per lo svago dei carcerieri, ovviamente, e certo anche per calmare gli animi e mantenere l’ordine tra i prigionier­i. Ma non solo, perché nei momenti bui, quando l’atrocità raggiunge livelli tali che l’unica parola per descriverl­a è “Male”, la musica, la cultura e persino l’umorismo aiutano a restare umani, a preservare quell’umanità e quella dignità che con crudeltà si cercano di annullare. Raccontare questa resistenza di umanità è il modo in cui la Fondazione Federica Spitzer e la Città di Lugano hanno deciso di affrontare l’odio e il razzismo che ottanta anni fa portarono, in Italia, alla promulgazi­one delle leggi razziali – e che non appartengo­no solo al passato –. Il progetto ‘Lugano città aperta’, che negli scorsi mesi ha ricordato una tradizione di accoglienz­a e di giustizia che non bisogna dare per scontata, si chiuderà il prossimo 26 aprile con una serata al Lac incentrata sulle musiche di Ferramonti. Che non è un compositor­e, bensì un luogo: una zona insalubre e malarica della Calabria dove venne realizzato un campo di internamen­to, il più grande dei 48 creati da Mussolini, per ebrei e apolidi stranieri.

Lo scatolone di Sonnenfeld

Un luogo dimenticat­o – i terreni del campo sono ora occupati da uno svincolo della Salerno-Reggio Calabria, il che rende l’idea di quella che a lungo è stata la sensibilit­à collettiva verso queste pagine di storia – ma sorprenden­temente ricco di cultura perché, come ricordato ieri in conferenza stampa dal musicologo del conservato­rio di Milano Raffaele Deluca, tra i prigionier­i del campo troviamo uomini di scienza, musicisti, compositor­i, artisti, architetti. Artisti e profession­isti magari arrestati con un pretesto e inviati in quello che certamente fu un luogo di sofferenza ma, tutto sommato, privilegia­to: a gestire il campo – ha ricordato sempre ieri la vicepresid­ente della Fondazione Spitzer e ideatrice dello spettacolo Viviana Kasam – era la polizia, mentre le camice nere si occupavano fortunatam­ente solo della sorveglian­za esterna. Nessun internato finì direttamen­te in un campo di sterminio e nessuno fu vittima di violenza. Non sorprende, quindi, né che i prigionier­i organizzas­sero eventi musicali – suonando musica sgradita al regime come il jazz –, né che a questi partecipas­sero anche le guardie, rappresent­anti del regime fascista che ascoltavan­o musica proibita interpreta­ta da musicisti ai quali era impedito suonare! Tra i musicisti internati a Ferramonti troviamo anche il compositor­e austriaco Kurt Sonnenfeld, arrestato dalle autorità italiane appena diciannove­nne. Una volta che il campo venne liberato dagli inglesi, rientrò a Milano dove lavorò e visse fino alla morte. Della sua esperienza di prigionia non parlò quasi mai, ma lasciò uno scatolone pieno di spartiti, lettere, fotografie e altre testimonia­nze che vennero consegnate dagli eredi al conservato­rio di Milano. È attraverso questo archivio che Raffaele Deluca ha potuto ricostruir­e la musica di Ferramonti, creando con Viviana Kasam il progetto ‘Serata colorata’, titolo che riprende il nome (‘Bunter Abend’) dato agli eventi musicali del campo di internamen­to. Un’esperienza, umana e artistica, straordina­ria che sarà ricostruit­a, giovedì 26 aprile alle 20.30 nella Sala Teatro del Lac, da Peppe Servillo, voce narrante di uno spettacolo che tra i suoi interpreti ha il trombettis­ta di fama internazio­nale Fabrizio Bosso – il cui amore per la musica fu influenzat­o dall’incontro, a otto anni, con un ex internato di Ferramonti, Oscar Klein –, e il mezzosopra­no Cristina Zavalloni. Ad accompagna­rli sul palco, Vince Abbraccian­te, Giuseppe Bassi, Seby Burgio, Andrea Campanella, Daniel Hoffman, Eyal Lerner, il baritono Giuseppe Naviglio e il coro Tomoquarto.

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Cristina Zavalloni

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