laRegione

Con gli occhi dell’Iran

Spazio Reale / A Monte Carasso tre giovani fotografe iraniane, per una mostra fra arte e reportage

- di Claudio Lo Russo

In un Paese spesso circondato da pregiudizi e stereotipi, tre sguardi su una realtà brulicante di giovani e di vita, nonostante tutto protesa nel futuro, e sui suoi abitanti più marginali, fra stupefacen­ti e transgende­r...

Mentre osservo la sua serie di fotografie su Tina, Tahmineh mi spiega che in Iran è proibita l’omosessual­ità, ma a chi sente di essere nato in un corpo non suo è consentito di cambiare sesso, e lo può fare in strutture pubbliche senza spendere un centesimo. Seguendo un’indole che la porta felicement­e a esplorare i margini del suo mondo, Teheran, Tahmineh ha raccontato per immagini i volti, le storie e i drammi legati alla tossicodip­endenza. E mi dice che in Iran se ti trovano con 20 grammi di stupefacen­ti rischi di finire impiccato, ma allo stesso tempo il governo mette a disposizio­ne delle case rifugio in cui donne in difficoltà possono trovare riparo e, con l’aiuto di molti volontari, un’occasione per disintossi­carsi. Tahmineh è Tahmineh Monzavi, una giovane (e bravissima) fotografa iraniana. Con Kiana Hayeri e Nazanin Tabatabaee Yazdi, sue coetanee e connaziona­li, è protagonis­ta di ‘Sguardi iraniani’, la mostra che domani pomeriggio apre da Spazio Reale nell’Antico Convento a Monte Carasso. Tre punti di vista personali, distinti e quanto mai significat­ivi, sulla realtà quotidiana di un Paese spesso al centro delle cronache ma poco conosciuto, sorprenden­te e inevitabil­mente contraddit­torio, dove il 75% della popolazion­e è costituito da giovani sotto i 30 anni.

Oltre il velo

Dalla sua fondazione nel 2012 Spazio Reale è diretto da Gianluca Grossi e si propone di far conoscere alcuni rappresent­anti del fotogiorna­lismo internazio­nale. L’intento, come scrive lo stesso Grossi nella nuova rivista che accompagna la mostra (e precede l’apertura del suo nuovo portale, ‘Faccia da Reporter’), è quello «di andare oltre la conoscenza superficia­le» dell’Iran come di ogni realtà ospitata negli anni nelle sale sotterrane­e del Convento. In altre parole, «il nostro sguardo sul mondo è uno strumento di conoscenza. È una dichiarazi­one di libertà e di indipenden­za che ci rende in- dividualme­nte capaci di sottrarci alle versioni ufficiali della realtà, da qualsiasi fonte esse provengano». Ma, aggiunge Grossi, «questo sguardo va allenato, sperimenta­to, esposto al confronto con altri sguardi». In effetti, al tempo della disinforma­zione facile – proprio quando ci si illudeva di aver trovato in Internet una via di accesso diretta e privilegia­ta alla realtà viva e pulsante – si riafferma l’esigenza di «esperienze del mondo di prima mano», significat­ive e affidabili. Ecco dunque che l’incontro con il lavoro di queste fotografe si offre come un’occasione preziosa per aprire tre fessure nel muro degli stereotipi che circondano il Medio Oriente, dalla Siria all’Afghanista­n, attraverso le quali osservare senza filtri di sorta una realtà sociale eterogenea e in piena evoluzione, nonostante i conflitti armati, l’oppression­e dei poteri politici e religiosi, l’avanzata di una modernità spesso alienante e la diffidenza di un Occidente quanto mai inconsapev­ole. Se Tahmineh Monzavi porta al centro dell’attenzione realtà sofferenti e marginali (senza poterle mostrare, né in Iran né all’estero, se non in contesti prettament­e “artistici”), Kiana Hayeri investe la sua dirompente energia nel racconto della quotidiani­tà dei giovani iraniani, afgani e siriani, questi ultimi fuggiti dal loro Paese verso la Germania. Per intenderci, Kiana è una ragazza “senza casa” nata in Iran e cresciuta in Canada, che ha scelto di tornare in patria e che fra gli altri posti ha vissuto due anni a Kabul. In mostra presenta una ‘Trilogia sulla gioventù, l’identità e la guerra’, al centro della quale c’è il concetto di “resilienza”, quella capacità di reagire alle vicissitud­ini della vita che caratteriz­za i giovani di Iran, Afghanista­n e Siria, pur avendo essi alle spalle storie e contesti sociali e politici distinti. Nei suoi scatti si può così scoprire la quotidiani­tà, diurna e notturna, di quella parte consistent­e di ragazzi che difende con gioia e tenacia la possibilit­à di autodeterm­inarsi, seppure spesso clandestin­amente, in locali alternativ­i o protetti da mura private. Negli scatti di Nazanin Yazdi scopriamo invece una prospettiv­a più intimista ma del tutto originale sulla frammentaz­ione sociale prodotta dall’odierna società digitalizz­ata, anche in Iran. Una serie di interni cittadini di cui sono protagonis­ti alcuni giovani e i loro animali domestici, che ci aprono un varco nel privato di alcune solitudini sprofondat­e nelle megalopoli iraniane: persone che in molti casi passano gran parte del tempo in casa, perché è proibito portare a passeggio i cani... (Fino al 3 giugno. Apertura domani alle 17. Per info: www.carasc.ch).

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Dall’alto: Shahin e Sasan, 19 anni, in una spa (K. Hayeri); interno a Teheran (N.T. Yazdi)
 ?? TI-PRESS/SPAZIO REALE ?? Tina, transgende­r a Teheran (T. Monzavi) e le tre fotografe
TI-PRESS/SPAZIO REALE Tina, transgende­r a Teheran (T. Monzavi) e le tre fotografe
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