Franca Ghitti, il mio mondo è il mondo
Franca Ghitti è una importante artista bresciana nata nel 1932 in Val Camonica e morta nel 2012. Il museo di Mendrisio propone una selezione delle sue sculture attraverso fasi diverse del lavoro e insistendo su quanto l’artista abbia fatto con il legno producendo Mappe, Vicinie, Edicole, Madie e Grandi Tondi. In mostra c’è anche una parte con lavori assembla- ti in metallo e alcuni libri che contengono sue incisioni abbinate a testi per lo più poetici. Formatasi a Milano negli anni 50 tra l’accademia di belle arti e l’università di architettura, Franca Ghitti ha sempre cercato di trasferire nel lavoro artistico la propria cultura camuna, raccolta attraverso componenti iconografiche che noi vediamo nei piccoli personaggi delle Vicinie, attraverso i materiali di diporto trovati sul territorio con i quali ha esteso la memoria della antica civiltà alle espressioni contemporanee da lei vissute attraverso l’esperienza dell’artigianato e dello sfruttamento industriale delle materie prime (per esempio il legno delle botti per il vino). Per spiegarmi meglio approfitto di alcune felici espressioni scritte da Elena Pontiggia che ci segnala come la sua ricerca abbia «un accento esistenziale», «non è mai un esercizio stilistico», né «cade mai nella tragicità di maniera». Lo strumento linguistico, che è quindi la piccola figura antropomorfa, il chiodo recuperato in falegnameria, i legni scartati, gli scarti del ferro, le servono per trasferire ciò che è contenuto nella sua esperienza esistenziale verso l’universo espressivo, attraverso processi di formalizzazione che nel corso della sua biografia cambiano. La sua relazione con la cultura di origine si arricchisce, nel corso della vita, delle esperienze parigine e austriache, del contatto con i circoli artistici che negli anni 50 abitano la capitale francese, della conoscenza del patrimonio iconografico prodotto dalle raccolte etnografiche. Tale arricchimento la conduce a vivere esperienze nel continente africano dove raccoglie materiale per la propria ricerca, produce ed espone il proprio lavoro. Ciò che noi vediamo è quindi il risultato dell’impegno di analizzare, valorizzare, tradurre in un nuovo linguaggio ciò che appartiene al mondo privato e prossimo dell’artista, per approdare a un risultato che pur non abbandonando tutto ciò, appare eloquente di per sé.